La 4° Rivoluzione Industriale Italiana. Abbiamo installato un motore jet sulla struttura di un aereo della prima guerra mondiale, dando al pilota un libretto d’istruzione scritto in cirillico. Se parte, dopo quanto si schianta al suolo?
I mutamenti che assisteremo nel prossimo futuro saranno netti e evidenti, cambierà il modo in cui vendere e acquistare i prodotti, dall’automazione alla mancanza di un vero e proprio “possesso” delle cose, saranno eliminate le barriere linguistiche, sperimenteremo nuove dimensioni virtuali che trasformano il marketing e le esigenze dei consumatori, la mobilità e la logistica innovativa moltiplicherà moderni modelli di business trasformando il concetto di “competere” nei mercati che scopriranno la loro efficienza in processi industriali circolari.
In questa visione di Futuro, creare regole burocratiche minuziose e complicate, genera asimmetrie informative che modificano i mercati, trasformano i modelli di business e di produzione, condizionando gli Investitori nel percepire i settori d’investimento rischiosi. La programmazione dei Governi attuali, deve evitare di favorire gli squilibri degenerativi, ispirandosi alla sola pianificazione etica, democratica e sociale dei mercati. Nel ranking europeo e internazionale, l’Italia è il paese dove l’Amministrazione frena la competitività e complica la vita ai cittadini e alle imprese, non è arduo pensare che questo meccanismo caotico possa servire a preservare o favorire i “gangli” di potere.
Per l’avvio del piano Industria/Impresa 4.0, la Manovra fiscale 2018 prevede tra finanziamenti diretti e incentivi fiscali poco meno di 10 miliardi entro il 2028, la metà entro il 2020, nella manovra vengono definite le linee guida per la certificazione dei centri di trasferimento tecnologico, Competence Center, i laboratori per le nuove applicazioni digitali.
Prima di affermare che sembra una commedia all’italiana, è giusto ripercorrere cronologicamente i passaggi del Piano Nazionale. Un primo approccio al piano nazionale è stato tentato alla C.D, in X Commissione gli esperti incaricati dal Governo hanno condotto tre missioni conoscitive, una delle quali a Stoccarda, il documento presentato nel giugno 2016 è il risultato di studi sulle principali tecnologie abilitanti (internet of things, cloud e cloud computing, additive manufacturing, cyber-security, big data, robotica avanzata, realtà aumentata, wearable technologies, sistemi cognitivi) e presenta cinque pilastri sui quali costruire una strategia nazionale innovativa. Il primo pilastro riguarda la creazione di una governance per il sistema Paese, individua gli obiettivi da raggiungere e propone la costituzione di una Cabina di regia governativa. Il secondo pilastro prevede la realizzazione delle infrastrutture abilitanti attraverso la realizzazione del piano banda ultra-larga, lo sviluppo e la diffusione delle reti di connessione wireless di quinta generazione, delle reti elettriche intelligenti, dei DIH (Digital Innovation Hubs) e di una pubblica amministrazione digitale. Il terzo pilastro prevede la progettazione di una formazione mirata alle competenze digitali. Sulla base delle indicazioni fornite nelle diverse audizioni, nel documento, si distingue tra una formazione professionale di breve periodo, rivolta prioritariamente a soggetti che non studiano e non lavorano, i cosiddetti NEET, o a personale impiegato in lavori in via di obsolescenza; una formazione che, nel medio periodo, potrà invece essere rivolta alle imprese con il coinvolgimento del middle management con possibile ed auspicate positive conseguenze sulla crescita dimensionale delle aziende. Infine nel lungo periodo sarà indispensabile una formazione scolastica e post scolastica che punti alle competenze digitali diffuse anche in tutti gli ambiti, compresi quelli delle scienze umane. Il quarto pilastro è rappresentato dal rafforzamento della ricerca sia nell’ambito dell’autonomia universitaria sia in quello dei centri di ricerca internazionali. L’open innovation è il quinto pilastro individuato nel documento conclusivo, sul quale fondare una via italiana all’industria 4.0 basata su standard aperti e interoperabilità e su un sistema che favorisca il Made in Italy, sfruttando tutte le opportunità fornite dall’IoT.
Nel settembre 2016 il Governo con il Ministro per lo Sviluppo Calenda, vara il “Piano Industria 4.0” che si propone d’essere un vero “patto di fiducia” con il mondo delle imprese che vogliono crescere e innovare. Cambiando paradigma, il Governo ha voluto “disegnare” delle misure che ogni azienda può attivare in modo automatico senza ricorrere a bandi o sportelli e, soprattutto, senza vincoli dimensionali, settoriali o territoriali (teniamo bene a mente questo passaggio). Come ho scritto nel “Il Treno che stiamo perdendo, mette a rischio il futuro dell’Italia”, il Piano Impresa 4.0 ha tre linee guida, la prima operare in una logica di neutralità tecnologica, la seconda intervenire con azioni orizzontali e non verticali o settoriali, la terza agire su fattori abilitanti. Un impianto “circolare” tra Investimenti innovativi e Competenze, Infrastrutture abilitanti e Strumenti pubblici di supporto. Grande progetto, con i piedi ben saldi nello sviluppo digitale competitivo, una struttura open-drive priva di grossi vincoli burocratici, così sembra all’apparenza. Infatti l’innovativa visione industriale digitale mette al centro il Capitale Umano e le sue Competenze, unisce Scuola, Ricerca, Impresa e Finanza, strutturando sul territorio cluster (centri) per fondere in un’unica piattaforma il sapere dei Competence Center, le reti di supporto speciali Digital Innovation Hub per aiutare le PMI italiane del territorio nella trasformazione verso l’Industria 4.0 e lo skill digitale.
Già da subito gli esperti dell’I.T. hanno rilevano un impianto operativo discrasico. Nel nostro Paese la struttura tecnico-formativa è carente nello skill-digitale richiesto dai nuovi processi di produzione, le Università, indicate come possibili Competence Center, se finanziate con fondi Governativi risultano ingabbiate dalle leggi restrittive sugli appalti e non permettono ampio margine operativo nella R&S, le reti di categoria, sede dei D.I.H., sono refrattarie alla condivisione collaborativa e rappresentano spesso delle vere e proprie caste. In questo quadro “clinico generale” di per se complicato, l’attuazione di un Piano di Sviluppo digitale vincolato burocraticamente, renderebbe accora più complicata la sua attuazione. La tradizionale farraginosa burocrazia tricolore, trova sfogo nella Manovra fiscale 2018, con Iper e Super ammortamento, nuova Legge Sabatini e credito d’imposta per la formazione, che smentisce le promesse del Piano Industria 4.0 e del patto tra Governo e Imprese, cito “senza ricorrere a bandi o sportelli e, soprattutto, senza vincoli dimensionali, settoriali o territoriali”. La stessa Manovra Fiscale individua con l’aumento fino al 20% delle iscrizioni Camerali l’avvio dei Competence Center che hanno bisogno di un algoritmo computazionale per districarsi tra i vincoli, poco chiari, presenti negli allegati A e B dei requisiti richiesti per la certificazione.
Come dire IL PASTICCIO ALL’ITALIANA È SEMPRE BEN FATTO, abbiamo installato un motore jet sulla struttura di un aereo della prima guerra mondiale, dando al pilota un libretto d’istruzione scritto in cirillico.
Se parte, dopo quanto si schianta al suolo?