LA NOSTRA RESPONSABILITÀ È NEL NUOVO FUTURO.

Non più rimandabile l’impegno della Politica nel pianificare strategie del Paese volte ad agevolare il cambiamento innovativo Sociale, Industriale, Ambientale. I Cittadini e il prossimo Governo avranno la responsabilità d’avviare la sostenibilità futura del Sistema Italia.

CHE PIACCIA O NON PIACCIA, BISOGNA CAMBIARE MARCIA.

Lasciando da parte le possibili antipatie/simpatie che si nutrono nei confronti dell’uomo Mattarella, il Presidente della Repubblica Italiana nel discorso di fine anno ha lanciato la  sfida improrogabile per l’Italia  ufficializzando l’importanza dell’Innovazione come elemento centrale delle Politiche di Governo per il 2018 .

Non più rimandabile per la Politica l’impegno di pianificare strategie strutturali volte ad agevolare il cambiamento innovativo, Sociale, Industriale, Ambientale. I Cittadini e il prossimo Governo, avranno la responsabilità d’avviare la sostenibilità futura del Sistema Italia . La nostra responsabilità è alle prossime elezioni, dobbiamo scegliere Progetti Politici Innovativi, Etici e di Sostenibilità sociale e ambientale. Niente più scuse il Futuro dell’Italia è nelle Nostre Mani.

Vi ripropongo qui, la mia interpretazione della parte centrale del discorso Presidenziale:

(Presentismo)
“Non possiamo vivere nella trappola di un eterno presente, quasi in una sospensione del tempo, che ignora il passato e oscura l’avvenire, così deformando il rapporto con la realtà. La democrazia vive di impegno nel presente, ma si alimenta di memoria e di visione del futuro.”

(Futuro)
“Occorre preparare il domani. Interpretare, e comprendere, le cose nuove. La velocità delle innovazioni è incalzante; e ci conduce in una nuova era, che già cominciamo a vivere.”

(Sviluppo Sostenibilità Etica)
“Un’era che pone anche interrogativi sul rapporto tra l’uomo, lo sviluppo e la natura. Basti pensare alle conseguenze dei mutamenti climatici, come la siccità, la limitata disponibilità di acqua, gli incendi devastanti. Si manifesta, a questo riguardo, una sensibilità crescente, che ha ricevuto impulso anche dal magistero di Papa Francesco, al quale rivolgo gli auguri più fervidi.”

(Innovazione Sociale)
“Cambiano gli stili di vita, i consumi, i linguaggi. Mutano i mestieri, e la organizzazione della produzione. Scompaiono alcune professioni; altre ne appaiono.”

(Innovazione e Impatto Sociale)
“In questo tempo, la parola “futuro” può anche evocare incertezza e preoccupazione. Non è stato sempre così. Le scoperte scientifiche, la evoluzione della tecnica, nella storia, hanno accompagnato un’idea positiva di progresso. I cambiamenti, tuttavia, vanno governati per evitare che possano produrre ingiustizie e creare nuove marginalità.

(Responsabilità Etica di Governo)
L’autentica missione della politica consiste, proprio, nella capacità di misurarsi con queste novità, guidando i processi di mutamento. Per rendere più giusta e sostenibile la nuova stagione che si apre. La cassetta degli attrezzi, per riuscire in questo lavoro, è la nostra Costituzione: ci indica la responsabilità nei confronti della Repubblica e ci sollecita a riconoscerci comunità di vita.”

(Responsabilità Politica)
“L’orizzonte del futuro costituisce, quindi, il vero oggetto dell’imminente confronto elettorale. Il dovere di proposte adeguate – proposte realistiche e concrete – è fortemente richiesto dalla dimensione dei    problemi del nostro Paese.”

(Lavoro e Dignità Sociale)
“Non è mio compito formulare indicazioni. Mi limito a sottolineare, ancora una volta, che il lavoro resta la prima, e la più grave, questione sociale. Anzitutto per i giovani, ma non soltanto per loro. È necessario che ve ne sia in ogni famiglia. Al tempo stesso va garantita la tutela dei diritti e la sicurezza, per tutti coloro che lavorano.”

GB

BUROCRATICA-MENTE INDUSTRIA 4.0

La 4° Rivoluzione Industriale Italiana. Abbiamo installato un motore jet sulla struttura di un aereo della prima guerra mondiale, dando al pilota un libretto d’istruzione scritto in cirillico. Se parte, dopo quanto si schianta al suolo?

I mutamenti che assisteremo nel prossimo futuro saranno netti e evidenti, cambierà il modo in cui vendere e acquistare i prodotti, dall’automazione alla mancanza di un vero e proprio “possesso” delle cose, saranno eliminate le barriere linguistiche, sperimenteremo nuove dimensioni virtuali che trasformano il marketing e le esigenze dei consumatori, la mobilità e la logistica innovativa moltiplicherà moderni modelli di business trasformando il concetto di “competere” nei mercati che scopriranno la loro efficienza in processi industriali circolari.

In questa visione di Futuro, creare regole burocratiche minuziose e complicate, genera asimmetrie informative che modificano i mercati, trasformano i modelli di business e di produzione, condizionando gli Investitori nel percepire i settori d’investimento rischiosi. La programmazione dei Governi attuali, deve evitare di favorire gli squilibri degenerativi, ispirandosi alla sola pianificazione etica, democratica e sociale dei mercati. Nel ranking europeo e internazionale, l’Italia è il paese dove l’Amministrazione frena la competitività e complica la vita ai cittadini e alle imprese, non è arduo pensare che questo meccanismo caotico possa servire a preservare o favorire i “gangli” di potere.

Per l’avvio del piano Industria/Impresa 4.0, la Manovra fiscale 2018 prevede tra finanziamenti diretti e incentivi fiscali poco meno di 10 miliardi entro il 2028, la metà entro il 2020, nella manovra vengono definite le linee guida per la certificazione dei centri di trasferimento tecnologico, Competence Center, i laboratori per le nuove applicazioni digitali.

Prima di affermare che sembra una commedia all’italiana, è giusto ripercorrere cronologicamente i passaggi del Piano Nazionale. Un primo approccio al piano nazionale è stato tentato alla C.D, in X Commissione gli esperti incaricati dal Governo hanno condotto tre missioni conoscitive, una delle quali a Stoccarda, il documento presentato nel giugno 2016 è il risultato di studi sulle principali tecnologie abilitanti (internet of things, cloud e cloud computing, additive manufacturing, cyber-security, big data, robotica avanzata, realtà aumentata, wearable technologies, sistemi cognitivi) e presenta cinque pilastri sui quali costruire una strategia nazionale innovativa. Il primo pilastro riguarda la creazione di una governance per il sistema Paese, individua gli obiettivi da raggiungere e propone la costituzione di una Cabina di regia governativa. Il secondo pilastro prevede la realizzazione delle infrastrutture abilitanti attraverso la realizzazione del piano banda ultra-larga, lo sviluppo e la diffusione delle reti di connessione wireless di quinta generazione, delle reti elettriche intelligenti, dei DIH (Digital Innovation Hubs) e di una pubblica amministrazione digitale. Il terzo pilastro prevede la progettazione di una formazione mirata alle competenze digitali. Sulla base delle indicazioni fornite nelle diverse audizioni, nel documento, si distingue tra una formazione professionale di breve periodo, rivolta prioritariamente a soggetti che non studiano e non lavorano, i cosiddetti NEET, o a personale impiegato in lavori in via di obsolescenza; una formazione che, nel medio periodo, potrà invece essere rivolta alle imprese con il coinvolgimento del middle management con possibile ed auspicate positive conseguenze sulla crescita dimensionale delle aziende. Infine nel lungo periodo sarà indispensabile una formazione scolastica e post scolastica che punti alle competenze digitali diffuse anche in tutti gli ambiti, compresi quelli delle scienze umane. Il quarto pilastro è rappresentato dal rafforzamento della ricerca sia nell’ambito dell’autonomia universitaria sia in quello dei centri di ricerca internazionali. L’open innovation è il quinto pilastro individuato nel documento conclusivo, sul quale fondare una via italiana all’industria 4.0 basata su standard aperti e interoperabilità e su un sistema che favorisca il Made in Italy, sfruttando tutte le opportunità fornite dall’IoT.

Nel settembre 2016 il Governo con il Ministro per lo Sviluppo Calenda, vara il “Piano Industria 4.0” che si propone d’essere un vero “patto di fiducia” con il mondo delle imprese che vogliono crescere e innovare. Cambiando paradigma, il Governo ha voluto “disegnare” delle misure che ogni azienda può attivare in modo automatico senza ricorrere a bandi o sportelli e, soprattutto, senza vincoli dimensionali, settoriali o territoriali (teniamo bene a mente questo passaggio). Come ho scritto nel “Il Treno che stiamo perdendo, mette a rischio il futuro dell’Italia”, il Piano Impresa 4.0 ha tre linee guida, la prima operare in una logica di neutralità tecnologica, la seconda intervenire con azioni orizzontali e non verticali o settoriali, la terza agire su fattori abilitanti. Un impianto “circolare” tra Investimenti innovativi e Competenze, Infrastrutture abilitanti e Strumenti pubblici di supporto. Grande progetto, con i piedi ben saldi nello sviluppo digitale competitivo, una struttura open-drive priva di grossi vincoli burocratici, così sembra all’apparenza. Infatti l’innovativa visione industriale digitale mette al centro il Capitale Umano e le sue Competenze, unisce Scuola, Ricerca, Impresa e Finanza, strutturando sul territorio cluster (centri) per fondere in un’unica piattaforma il sapere dei Competence Center, le reti di supporto speciali Digital Innovation Hub per aiutare le PMI italiane del territorio nella trasformazione verso l’Industria 4.0 e lo skill digitale.

Già da subito gli esperti dell’I.T. hanno rilevano un impianto operativo discrasico. Nel nostro Paese la struttura tecnico-formativa è carente nello skill-digitale richiesto dai nuovi processi di produzione, le Università, indicate come possibili Competence Center, se finanziate con fondi Governativi risultano ingabbiate dalle leggi restrittive sugli appalti e non permettono ampio margine operativo nella R&S, le reti di categoria, sede dei D.I.H., sono refrattarie alla condivisione collaborativa e rappresentano spesso delle vere e proprie caste. In questo quadro “clinico generale” di per se complicato, l’attuazione di un Piano di Sviluppo digitale vincolato burocraticamente, renderebbe accora più complicata la sua attuazione. La tradizionale farraginosa burocrazia tricolore, trova sfogo nella Manovra fiscale 2018, con Iper e Super ammortamento, nuova Legge Sabatini e credito d’imposta per la formazione, che smentisce le promesse del Piano Industria 4.0 e del patto tra Governo e Imprese, cito “senza ricorrere a bandi o sportelli e, soprattutto, senza vincoli dimensionali, settoriali o territoriali”. La stessa Manovra Fiscale individua con l’aumento fino al 20% delle iscrizioni Camerali l’avvio dei Competence Center che hanno bisogno di un algoritmo computazionale per districarsi tra i vincoli, poco chiari, presenti negli allegati A e B dei requisiti richiesti per la certificazione.

Come dire IL PASTICCIO ALL’ITALIANA È SEMPRE BEN FATTO, abbiamo installato un motore jet sulla struttura di un aereo della prima guerra mondiale, dando al pilota un libretto d’istruzione scritto in cirillico.
Se parte, dopo quanto si schianta al suolo?

LAVORO E ROBOT: COLLANTE PER LE DIVISIONE DELLA NUOVA TECNOLOGIA.

Ciò di cui abbiamo bisogno sono politiche sociali inclusive che tengono conto dell’accesso più rapido alle tecnologie innovative, un maggiore sostegno alle nuove imprese e un dialogo più aperto su come la povertà e le iniquità amplificano gli effetti negativi delle nuove tecnologie.

Di Calthous Juma , The Conversation 13 novembre 2017.

Il seguente articolo viene riprodotto da The Conversation , una pubblicazione online che si occupa delle nuove invenzioni.

I rapidi progressi nell’intelligenza artificiale e la rapida adozione di robot in diverse industrie stanno sviluppando la paura dell’aumento della disoccupazione. Le risposte a tali situazioni si sono concentrate su come fare per assicurare che i robot non rubino posti di lavori.

Bill Gates, per esempio, ha chiesto la tassazione di robot che tolgono il lavoro. Ciò ha suscitato risposte da importanti economisti, come Larry Summers (ex Vice Presidente dell’Economia dello Sviluppo, Chief Economist della Banca Mondiale e funzionario del Dipartimento del Tesoro USA) che sostengono l’idea secondo cui i robot sono creatori di posti di lavoro e che l’idea di tassarli è profondamente sbagliato. Un’idea ugualmente discutibile è quella di utilizzare il reddito universale di base – l’idea che ognuno riceva un reddito minimo indipendentemente dalla circostanza – per risolvere l’impatto della disoccupazione tecnologica.

L’attenzione a questi argomenti è maldestra.

I lavori non vengono creati o persi a causa di una singola tecnologia, ma a causa dei modelli aziendali progettati per sfruttare la forza della tecnologia. Uber, per esempio, può essere contraddistinto come un servizio di “taxi-hailing”, ma è il risultato di un insieme di applicazioni, gli algoritmi, l’automobile e il GPS, tutti progettati intorno ad un singolo modello di business.

Abbiamo visto esempi simile in passato, con la musica registrata del secolo scorso. Non era la tecnologia di registrazione del 1930 che minacciava i lavori dei musicisti live. Era la sua combinazione tra la radiodiffusione, i jukebox e l’ottimizzazione aziendale che hanno portato a perdere i posti di lavoro. Hotel, ristoranti e bar hanno sostituito musica live con jukebox. Le macchine a monete erano meno costose e non implicavano di affrontare le richieste sindacalizzate dei musicisti. Una singola registrazione può essere risentita più e più volte senza richiedere la presenza dei musicisti.

Come sostengo, in “Innovazione ei suoi nemici: perché le persone resistono alle nuove tecnologie”, la registrazione della musica distrusse i lavori di alcuni musicisti dal vivo e demolì la loro pretesa per i diritti di proprietà. Le obiezioni sociali sono derivanti in gran parte dal potere monopolistico e meno dalla tecnologia stessa.

La tecnologia ha creato enormi vantaggi per l’industria musicale a causa della sua capacità di arrivare a una più ampia porzione di società. Piccole band e musicisti di minoranza che non avrebbero potuto accedere a grandi mercati sono stati in grado di utilizzare la tecnologia per raggiungere il pubblico di nicchia. Ancora più importante, la diffusione della tecnologia ha permesso di far emergere nuovi generi, come il bebop e, infine, diffondersi nei mercati mainstream. Tuttavia, mentre la storia ci aiuta a imparare dal passato, questa è diventata uno scarso consiglio per le mode emergenti. Ciò è dovuto alle differenze qualitative tra le tecnologie equilibrate che hanno definito la rivoluzione industriale dei primi anni ‘1800 e le macchine o le piattaforme di oggi. 

REGOLE DIVERSE

Queste differenze fondamentali – tra le attività di automazione passata e le intelligenze artificiali odierne – suggeriscono l’emergere di nuove economie operanti con regole diverse, i cui contorni sono ancora poco chiari. Gli impatti saranno fortemente sentiti, data la globalizzazione dell’economia mondiale, la velocità di cambiamento tecnologico e l’incertezza prodotta dalla tecnologica avanzata, rendendo difficile prevedere trovare nuove idee. La creazione di posti di lavoro o la perdita deve essere considerata nel contesto complessivo.

Questo è evidente studiando la differenza tra la musica registrata e i robot ed ho identificato quattro livelli.

In primo luogo, i robot vengono utilizzati ad un velocità più rapida rispetto alla musica registrata. Le pressioni competitive nell’industria costringono gli imprenditori a esaminare l’implementazione di sistemi tecnologici che consentono loro di stare al di sopra della curva di produzione. I produttori cinesi, ad esempio, stanno offrendo aumenti salariali con più rapidità dall’adozione del robot industriale.

In secondo luogo, le conseguenze dei robot sono esposti in tutte le reti di produzione e provocano ansia tecnologica su larga scala, poiché i lavoratori temono che i loro impieghi verranno persi. Questo è probabile perché molte delle industrie leader si basano sulle catene di fornitura che si trovano in diverse regioni e paesi. Boeing, per esempio, ricava parti provenienti da varie parti degli Stati Uniti, dell’Europa e di molte altre parti del mondo. Le modifiche nelle sue pratiche di fabbricazione coinvolgono il coordinamento in queste regioni. Ciò vale anche per i prodotti meno complessi come i beni di consumo.

In terzo luogo, i robot stanno procedendo esponenzialmente nell’apprendimento mentre l’umano si sviluppa ad un ritmo lineare molto più lento. Il loro tasso di apprendimento raddoppia in un breve periodo, mentre l’apprendimento umano è incrementale lento. Ciò è in parte dovuto all’abbondanza tecnologica e alla crescente capacità delle macchine di imparare a vicenda come migliorare il funzionamento dei loro algoritmi . La stampa 3D, ad esempio, è una combinazione di tecnologie meccaniche preesistenti che ora beneficiano dei progressi delle tecnologie digitali. Ora può essere applicato in diversi settori, dall’ingegneria alla medicina. Più nuove tecnologie si creano, maggiore è la prospettiva di creare nuove applicazioni. In molti casi gli innovatori iniziano con la ricerca e l’utilizzo di ciò che già esiste in modi nuovi prima di investire in nuove ricerche.

Infine, gli effetti dell’automazione si manifestano in periodi brevi, accrescendo angosce pubbliche e lasciando poco spazio all’adattamento. Ciò soprattutto perché le macchine hanno raggiunto un livello in cui svolgono più velocemente nuovi compiti rispetto a quello per cui sono stati progettati. 

QUALE FUTURO. 

Ciò di cui abbiamo bisogno sono politiche sociali inclusive che tengono conto dell’accesso più rapido alle tecnologie innovative, un maggiore sostegno alle nuove imprese e un dialogo più aperto su come la povertà e le iniquità amplificano gli effetti negativi delle nuove tecnologie. Ciò richiede una visione molto più attenta su come i sistemi e le tecniche sociali si formano reciprocamente per creare economie più eque e resilienti.

SIAMO VICINI ALLA TRASCENDENZA?

SIAMO VICINI ALLA TRASCENDENZA?
La razza umana incominci ad interrogarsi se e come normare l’uso applicativo degli algoritmi.

La trascendenza è in generale la proprietà o la qualità di qualcosa che “va al di là”, l’evoluzione inscrittibile che “va oltre ogni determinato ambito” e poiché non può essere circoscritta dentro i limiti del conosciuto, sfugge alla previsione umana.

L’Intelligenza Artificiale (IA) oggi è realtà, computer coscienti che si autoprogrammano riconoscendo i propri errori raggiungono livelli di perfezione decisionale e superano la logica umana, come nel caso di una versione aggiornata di AlphaGo, l’intelligenza artificiale della divisione DeepMind di Google, ha imparato da sola a giocare a “Go”, il famoso (e complicatissimo) gioco strategico ideato in Cina più di 2500 anni fa, scoprendo in poche decine di giorni strategie del gioco da tavolo che erano state sperimentate e perfezionate in millenni. Gli scienziati dietro al programma hanno descritto il tutto in una ricerca pubblicata su “Nature” che vi allego come link in fondo a questo post.

Chi ha visto il film Transcendence del 2014 di Wally Pfister, sa di cosa sto parlando. A governare l’attuale IA sono gli “algoritmi” cioè semplici procedure elementari (atomicità), univoche (non ambiguità), che restituiscono un solo risultato (effettività) e utilizzando i diagrammi di flusso sintetizzano processi che permettono alla macchina di effettuare autonomamente scelte in sequenza.
Nel film di Wally Pfister si ipotizza che i computer in “rete” governati da appositi algoritmi, possano espandere la propria IA illimitatamente, tanto da raggiungere la “trascendenza”.

Alla luce di queste certezze, non è sbagliato che la “razza umana” incominci ad interrogarsi “se e come” normare l’uso applicativo degli algoritmi nei processi sociali, quali principi etici di base dovranno possedere le applicazioni IA per essere dichiarate legittime e quali quelli illegali?

Questo annoso dilemma sminuisce e ridicolizza le vicende dell’attualità politica, facendo desiderare il determinismo di una società algoritmica.

GB

Link Nature:
http://www.nature.com/…/jo…/v550/n7676/full/nature24270.html

𝗜𝗟 𝗧𝗥𝗘𝗡𝗢 𝗖𝗛𝗘 𝗦𝗧𝗜𝗔𝗠𝗢 𝗣𝗘𝗥𝗗𝗘𝗡𝗗𝗢 𝗠𝗘𝗧𝗧𝗘 𝗔 𝗥𝗜𝗦𝗖𝗛𝗜𝗢 𝗜𝗟 𝗙𝗨𝗧𝗨𝗥𝗢 𝗗𝗘𝗟𝗟’𝗜𝗧𝗔𝗟𝗜𝗔.

La differenza tra il piano di sviluppo d’Innovazione programmato dal Governo e il reale utilizzo dei suoi stanziamenti crea forti dubbi sul futuro del nostra Nazione. La classifica UE vede l’Italia al primo posto nell’utilizzo di fondi strategici per l’Innovazione (Feis), con 58 progetti già finanziati e operazioni approvate per 4,4 miliardi dal Fondo Europeo, riguardano per il 71% dei finanziamenti erogati le tecnologie di produzione delle PMI, digitale (12%), trasporti (8%), ambiente ed efficienza nell’uso delle risorse (5%) e infrastrutture sociali (4 per cento).
I drivers, secondo Bruxelles, sono i 42 accordi sottoscritti con intermediari finanziari – soprattutto banche e fondi – che hanno agevolato l’accesso al credito e finanziato i progetti innovativi di 204 mila piccole imprese e start-up.

Il Piano Industria 4.0, presentato nel 2016 dal Governo Italiano, prevede un impianto “circolare” tra le direttrici chiave, Investimenti innovativi e Competenze, sinergici con le direttrici d’accompagnamento, Infrastrutture abilitanti e Strumenti pubblici di supporto. Passato il primo dei tre anni previsti (2017/2020), non si ha traccia delle azioni per la valorizzare il capitale umano, ancora da decidere a termine di legge i Competence Center Nazionali (Competenze), catene digitali di vendita (Piano Made in Italy), dei 900 milioni del progetto presentato, previsti per il fondo di garanzia solo 350 milioni nel 2017, 200 milioni per il 2018 e l’introduzione della nuova Sabatini strumentale che prevede il superammortamento strumentale.
Come direbbero i tedeschi: “Italiani soliti pasticcioni”.

Dubito fortemente che i manager politici e industriali non sappiano “governare” un progetto come Industria 4.0 che al suo varo nel 2016 lasciava ben sperare per lo sviluppo del nostro Territorio nazionale. Ad oggi rimane tutto sulla carta, i risultati scarni e lontani dal creare speranze e futuro per gli italiani, vanno ricercati forse nei sistemi familistici e corrotti della sua leadership, che per accontentare pochi priva la moltitudine sociale della speranza di crescita e sviluppo.

𝑰𝑻𝑨𝑳𝑰𝑨𝑵𝑰 𝑴𝑰𝑮𝑹𝑨𝑵𝑻𝑰 4.0.

La mancata valorizzazione del capitale umano, Ricerca e Sviluppo, con investimenti orientati in prevalenza in Impianti, non potrà che portare all’impoverimento sociale e culturale, aumenteranno le disparità di classe e il divario sociale, la fuga di cervelli e di giovani capaci sarà la costante demografica.
Nessuno che sia sano di mente può sostenere che i cambiamenti sociali attuali sono paragonabili a quelli di 30 anni fa, la destabilizzazione dell’assetto pubblico Italiano avrà nuove fattezze, liquide, e riguarderà settori prima sconosciuti, cybersecurity, etica algoritmica, cyberproduzione, welfare generativo, mutualità dei nuovi rischi tecnologici, settori che colgono alla sprovvista e massacrano velocemente la civiltà che non è strutturata in maniera innovativa e condivisa, resiliente.
Ritorneremo a essere un popolo di Viaggiatori in un mondo dove non serve la manodopera, Migranti 4.0.

GB

L’IMPORTANZA DELL’INGEGNERE I.C.T. NELL’ORGANIZZAZIONE DI VALORE.

La mia Amica Ing. IT, oggi ha processato l’intenzione di innovare la sua specializzazione in I.C.T., per garantirsi un benessere condiviso e durevole.

Una mia Amica è specializzata in Ingegneria Elettronica, che saluto, mi ero convinto che il suo ruolo professionale fosse quello di agevolare i processi aziendali per l’ottenimento di risultati esaustivi adoperando la scienza dell’Information and Technologies (I.T.).
La immaginavo un Camice bianco che  quotidianamente mastica calcoli, grafica, amministrazione e contabilità, sensori, catene di montaggio, per usare un termine pragmatico “tutte queste robe”. Corretto nel contesto delle organizzazioni funzionali-piramidali, strutturate concepite e ottimizzate per ingegnerizzare processi poco creativi in mercati non complessi.

Dove la “complessità irriducibile” governa,  la creatività svolge un ruolo importante, prolifera in strutture che aspirano a realizzare e semplificare risultati qualitativi in sistemi funzionali dipendenti dal coinvolgimento indispensabilie di molte parti.
È diffuso il pensiero che la qualità sia requisito di valore che è a sua volta presupposto di benessere, allo stesso modo l’organizzazione di qualità realizza valore e genera benessere, come rubricato nelle norme UNI 9000 e succ. che enunciano i presupposti necessari alla costruzione di strutture di qualità.

Oggi le organizzazioni che  generano progresso sociale, garantiscono risultati maggiori con benefici innovativi (nuovi) quando affrontano ambienti dinamici come tecnologia, idee imprenditoriali, alleanze strategiche, fusioni e acquisizioni dovuti anche a cambiamenti normativi. Una decisione funzionale per l’organizzazione innovativa, consiste nell’utilizzo strategico efficiente ed efficace di Information Comunication Technology (ICT) che supporta le strategie aziendali, gli obiettivi e le sue esigenze, viene anche definito Strategie Business e IT Alignment ed è un processo piatto e continuo di flussi d’informazioni, dati consapevoli e coerenti da/per tutti i settori dell’impresa, con/per l’ICT Engineering al fine di contribuire alla performance durevole dell’organizzazione (cloud, geo-localizzazione, parametrazione commerciale, social, app, fatturazione elettronica, retail  …). Il vantaggio dell’ICT è strategico, rinforzare le funzioni aziendali ed è visto come un indicatore associato positivamente alle performance aziendali come vantaggio competitivo sostenibile, utile per le sue ricadute in termini di crescita di mercato, performance finanziaria e l’innovazione di prodotti e servizi, dato appetibile per i potenziale finanziatori.

La mia Amica Ing. IT, oggi ha processato l’intenzione di innovare la sua specializzazione in ICT, per garantirsi un benessere condiviso e durevole.

GB

SMARTME POCO LIGHT?

Poco ci interessa a noi cittadini se nei conti “ballano” unmilione di euro in più o in meno, quello che interessa è che le cose promesse e finanziate siano fatte e fatte bene, garantendoci un futuro trasparente, sicuro e di sviluppo.

Squillo di trombe e rullo di tamburi,

i quotidiani della città diffondono a tutti “megabit” del video Messina Smartcities prodotto da cnet.com e curato dal giornalista Ian Sherr (qui), l’articolo esalta il progetto SmartMe che ha la potenzialità di rendere la città dello stretto tra quelle più progredite nel settore delle tecnologie finalizzate all’uso ottimizzato del territorio urbano (Smartcity).

Il prof. Puliafito, dell’Unime, è direttore del progetto smartMe-Io e promotore di un crowdfunded che ha raccolto 34.132,00€ che è oltre il doppio dell’obiettivo dichiarato €15.00,00 (qui).

Direbbe Carlo Lucarelli nella sua rubrica, dove ricostruisce fatti che spesso si tingono di “Giallo”:

  • Ecco, fermiamoci e facciamo un poco d’ordine.
  • Messina è una città che non brilla d’efficienza e che sembra disinteressarsi del proprio futuro, eh mettiamolo da una parte. Poi prendiamo un professore che porta avanti un progetto da metropoli all’avanguardia e raccoglie 34mila euro per i sensori.
  • Adesso uniamo le due storie e…

Il progetto #SmartME nasce dalla volontà di un gruppo di ricercatori dell’Università di Messina e viene reso pubblico nel 2015 con il video che potete vedere qui, ufficializzato nei locali dell’Università dove erano assenti il Magnifico e il Sindaco, l’anno di Grazia 2015 il 28 Aprile ore 10:30, vedi video qui. La Stampa locale non è sembrata molto attenta e reattiva alla presentazione del progetto ma ha “sparato” tra internet e carta stampata molta enfasi, forse un cliché di meraviglia a scoppio ritardato tipica dell’informazione pilotata.

In una città come Messina si vive o meglio si sopravvive a molte problematiche Amministrative, Sociali, Economiche, Politiche, Etiche, la nostra città ha tutti i parametri statistici-sociali per potersi definire “vulnerabile”, il futuro prossimo del territorio Zancleo è a rischio, strumentalizzare eventi, avvenimenti, catastrofi lo rende ancora più debole. Questo caso, della SmartCity, ha una logica conseguenziale forse troppo atipica, no è detto che non sia possibile anzi al contrario dobbiamo ammettere che oggi con 35mila euro ti compri una vettura utilitaria familiare, accessoriata, europea, pagandola in contante e per effettuare un progetto innovativo quella cifra ti serve, per comperare il materiale e gestire gli strumenti. L’alternativa è pagare poco chi lavora e i dirigenti (quadri) che siano a carico di un altro Ente. Infatti la trasparenza è un elemento di base dell’Innovazione, intesa come Valore Diffuso e Condiviso, mettere nei propri siti l’informazione economica (costi e finanziatori) dei progetti innovativi ha una valenza fondamentale per condividere preventivamente i benefici del miglioramento sociale che la Tecnologia Intelligente può dare al territorio, inoltre attira nuovi investitori.

Chi mastica un pochino di IoT, I.T, Smart Technologies, R&S chi più ne ha più ne metta, conosce le potenzialità e i limiti dell’impostazione Smart che se contestualizzata alle città “vulnerabili”come Messina, dove i giovani scappano mentre e i perni delle “cerniere sociali” sono traballanti, si rischia la divisione tecnologica e la concentrazione monopolista del valore del territorio. Il contesto sociale attuale di gran parte del Mondo, caro mio freetibet, richiede molte virtù per gli individui che Governano le città e il suo Sapere, più che essere spirituale, deveo orientarsi verso la conoscenza customizzata, l’efficienza d’impatto durevole e l’economicità, non a pochi soldi, con il coinvolgimento di investitori privati che hanno bisogno di interfacciarsi con persone competenti e di fattezze normali.

Nel nostro caso il Comune stesso potrebbe finanziare un progetto di Smartcity, utilizzando gli investimenti PONME, nel capitolato di spesa ME1.1.1.f denominato MeSM@RT, vedi  qui, 2.000.000,00€ che potrebbero essere destinate all’Ateneo per i suoi progetti.

Direbbe Carlo Lucarelli, “ma questo è un altro caso.”

Poco ci interessa a noi cittadini e a me principalmente che vivo fuori, se nei conti “ballano” unmilione di euro in più o in meno, quello che interessa è che le cose promesse e finanziate siano fatte e fatte bene, garantendoci un futuro trasparente, sicuro e di sviluppo.

GB

UNA LEGGE NON POTRÀ FERMARE LE CONSEGUENZE DEL CYBERBULLISMO.

Ancora una volta il Sistema struttura norme che hanno l’obiettivo di sanzionare, contrastare il verificarsi dell’evento, affrontando flebilmente il problema all’origine per scongiurare a monte le nefaste conseguenze. La prevenzione non è elemento centrale nel nostro sistema sociale.

      Un numero crescente di giovani usano e hanno completamente abbracciato l’interattività on-line. Il 95% degli adolescenti negli Stati Uniti sono on-line, e tre quarti (74%) hanno accesso a Internet sul proprio dispositivo mobile. Lo fanno per motivi scolastici, per tenersi in contatto con i loro amici, per giocare, per conoscere e seguire le celebrità, per condividere le loro creazioni digitali o per molti altri motivi, poiché gli strumenti di comunicazione digitale sono entrati a far parte della loro vita, non è sorprendente che molti giovani hanno deciso di utilizzare la tecnologia per attaccare o minacciare i coetanei. Il fatto che gli adolescenti siano collegati alla tecnologia 24/24 aumenta il rischio di diventare vittime del cyberbullismo. Lo strumento digitale facilita il “bullo” a raggiungere il suo scopo, digitare sulla tastiera e molto più semplice che pronunciare le parole faccia a faccia e poiché le risposte alle minacci sono spesso assenti o tardive, molti spacconi ritengono che le conseguenze alle loro azioni sono minime o nulle, credono che nascondendosi dietro a un I.P. (Internet Protocol Address) ci siano poche possibilità d’essere identificati, franchi da eventuali ripercussioni.

Lo studio pubblicato negli USA di recente (Hinduja, Patchin), mette in evidenza gli effetti negativi sulla psiche delle vittime, un adolescente ha dichiarato: “Tutto questo mi fa male sia fisicamente che mentalmente. Mi spaventa e mi toglie tutta l’autostima. Mi fa sentire male e senza valore.” La ricerca ha rivelato un legame tra cyberbullismo e bassa autostima, problemi familiari, difficoltà scolastiche, violenza nelle scuole, e vari comportamenti delinquenziali. Infine, i giovani vittime di cyberbullismo segnalano anche di avere pensieri suicidi, e ci sono stati molti casi nel mondo dove alcune vittime si sono tolte la vita (Carolina, la ragazza di Novara considerata la prima vittima di cyberbullismo in Italia, suicidatasi a 14 anni nel gennaio 2013).

La nuova legge n. 71 sul cyberbullismo,  “Legge a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 3 giugno 2017, tende ad arginare il fenomeno combinando pene e ammonimenti, identifica il sistema scolastico come primo avamposto per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo individua e forma il personale docente, semplifica i diritti per richiedere l’oscuramento, la rimozione o il blocco dei contenuti lesivi diffusi nella rete, delega I servizi territoriali, che già non riescono a garantire l’assistenza sanitaria, con l’ausilio delle associazioni e degli altri enti che perseguono le finalità della legge, a promuovere progetti personalizzati per sostenere le vittime di cyberbullismo e a rieducare, anche attraverso l’esercizio di attività riparatorie o di utilità sociale, i minori autori di cyberbullismo.

Ancora una volta il Sistema struttura norme che hanno l’obiettivo di sanzionare, contrastare il verificarsi dell’evento e affronta flebilmente il problema all’origine, senza scongiure a monte le nefaste conseguenze, si continua a non percepire la prevenzione come elemento centrale nel nostro sistema sociale. Risulta difficile prevenire, contrastare e perseguire comportamenti illeciti e pervasivi, come il bullismo telematico, se questi vengono perpetrati a chilometri di distanza e con sistemi tecnologici che “mascherano” l’I.P, i genitori spesso non hanno le competenze tecniche, etiche e il tempo a disposizione per tenere il passo con i comportamenti on-line dei loro figli.

Questa condizione di sistema repressivo, sviluppa il sentimento comune tra genitori, politici e forze dell’ordine, che la “rete” è rischiosa, pervasiva e ci induce a rinchiuderci in noi stessi per difenderci dal mondo digitale, lo reputiamo una minaccia al quale bisogna rispondere ‟armando” anche i nostri figli, limitando notevolmente la trasparenza e la condivisione collettiva che rappresentano due capisaldi nel luogo sociale del futuro. Questo contesto di sfiducia indotta, omette il principio di “corretto uso” e riduce notevolmente la libera diffusione e le potenzialità delle comunicazione sociale digitale, ogni strumento adoperato dall’uomo (cacciavite, penna, forbice) può diventare arma d’offesa se preventivamente non viene somministrata l’adeguata formazione all’uso corretto e condividendo le comuni buone pratiche. Una soluzione definitiva deve consistere nell’anticipare gli effetti, pianificando nelle scuole e nei territori programmi e ore di lezione all’uso dei social e all’utilizzo dei vari strumenti, deviance e personal computer, che ci permettono di operare su piattaforme d’acquisto on-line per evitare le frodi telematiche, la pornografia web, il mobbing digitale e le altre deviazioni sociali della “rete”.

Di continuo, formazione e prevenzione contribuiscono a creare l’esito delle nostre attività civiche, “normare” sistematicamente le pratiche sociali ne impedisce il loro sviluppo, mentre il sapere rende liberi e aumenta la coscienze collettiva. L’astrattezza e la generalità, sono due aspetti insidi nella giurisprudenza che confermano l’impossibilità delle leggi di prevedere tutte le possibili combinazioni, varianti e conseguenze che si possono verificare nella realtà, ad esempio nel cyberbullismo l’arresto “eclatante” del bullo può risultare deleterio per il ruolo sociale della vittima, subendo nell’applicazione della norma un involontario sopruso, le vittime e i testimoni di cyberbullismo devono sapere con certezza che gli adulti interverranno razionalmente e logicamente, e non peggiorando la situazione dei soggetti coinvolti nel loro contesto sociale. Può essere utile, non solo nell’uso della rete, istaurare un rapporto aperto e franco tra genitori e figli, fargli capire che l’uso della tecnologia e l’accesso è un privilegio e non un diritto e con questi privilegi derivano importanti responsabilità che devono essere rispettati. Queste capacità richiedono tecnica e conoscenza nella comunicazione che per dimostrarsi efficaci non possono essere innate. Il cyberbullismo è un problema sociale nuovo, multidisciplinare che usa mezzi innovativi, deve essere affrontato in maniera dinamica, condivisa e in un contesto sociale innovativo che coinvolga tutti gli stockholder del territorio scuole, istituzioni, forze dell’ordine, genitori e giovani in una piattaforma per creare soluzioni diffuse e permanenti.

 

LA TECNOLOGIA RIFLETTE LO SPIRITO DELLA SOCIETÀ.

È saggio, attribuire la colpa a strumenti tecnologici e pratiche di comunicazione digitale per la perdita di una giovane Vita?

Chiedersi se la tecnologia del XXI secolo è pericolosa e in che misura la sua pratica lede il benessere sociale indirizzandolo verso una folle deriva, assomiglia alla domanda che il criceto si pone girando dentro la ruota.

Gli strumenti tecnologici sono frutto della ricerca e della sperimentazione dell’Uomo e proiezione del suo sapere, criticarne l’esistenza e addossare loro colpe di luttuosi accadimenti è avventato, conviene chiedersi quale è lo “charme” sociale di oggi, quali i pilastri ideologici e educativi sono alla base della nostra cultura e chiederci come “l’industrializzazione del sapere” influenza l’uso della tecnologia.

Le attuali tecnologie dell’informazione, diventate digitali, condizionano le capacità cognitive e culturali dell’individuo, non esistono invenzioni buone o cattive ma “Mani invisibili” che li governano. La carta stampata e poi della Tv hanno dato origine all’informazione diffusa e condivisa spingendo la società verso uno sviluppo democratico culturale e sociale. Politica e marketing hanno strumentalizzato il mondo della notizia, sterilizzando la diffusione del sapere e rendendo impotenti le sue maestranze, valutate per i risultati quantitativi di raccolta pubblicitaria e non per il loro fine etico, allo stesso modo, la ricerca tecnologica viene misurata sulla base di obiettivi e di utilità “contabile” rendendo i ricercatori dipendenti da un modello sociale basato sulla esteriorizzazione del sapere e del valore.

Perché si possa attuare una strategia di progresso diffuso e inclusivo occorre un modello di sviluppo d’impresa alternativo, che elimi la presenza di “soci a responsabilità limitata” e di capitali “anonimi” provenienti da paradisi fiscali che finanzino la ricerca. È necessario riportare nell’impresa, che crea sviluppo tecnologico, gli obblighi dei soci e gli scopi aziendali previsti dal Diritto, legando gli utili a risultati e parametri di valore e rendendo ogni società civile degna di questo nome.

È saggio, attribuire la colpa a strumenti tecnologici e pratiche di comunicazione digitale per la perdita di una giovane Vita?

Chiedersi Cosa o Chi ha causato l’errato utilizzo delle tecnologie e dei mezzi di comunicazione digitale è la domanda che dobbiamo porci per trovare il vero colpevole.

GB

Industria 4.0, Operai di Dati Fluidi.

… come davanti all’illusionista rimaniamo sbalorditi alla notizia che un “algoritmo” riuscirà a scrivere autonomamente un articolo di giornale…

Circondati da “paroloni” in inglese dei quali non comprendiamo bene il significato e incoscienti degli eventi che ci circondano, come davanti all’illusionista, rimaniamo sbalorditi alla notizia che un “algoritmo” riuscirà a scrivere autonomamente un articolo di giornale.

Se il prestigiatore tira fuori dal cilindro un coniglio bianco, allo stesso modo l’Informazione pubblica in ogni dove il termine “Industria 4.0” che per molti è solo associabile al senso di ripetitiva “sgobbata” seguita da una sequenza numerica.

La macchina a vapore, l’elettricità e il motore a scoppio, l’informatica sono le prime tre rivoluzioni industriali che la Specie Umana ha sviluppato nel corso dei secoli e quella di oggi è la 4.0 °, sarà quest’ultima la responsabile di profondi cambiamenti nel rapporto Uomo-Macchina e non solo.

Seppur diffusa oggi, la robotizzazione della produzione mira a sostituire l’Uomo nei processi rischiosi, ripetitivi e pesanti ed è reclusa a esecutrice di semplici movimenti prestabiliti, senza libera iniziativa. Data Mining, RDBMS (Relational Database Management System), Big Data, Machine Learning, sono i processi e le pratiche informatiche che mettono a regime enormi quantità di dati chiamate “flussi” misurati in zettabyte (ZB= Trilione di Byte), creando le informazioni di base per i processi decisionali. Infatti il flusso dati, viene elaborato dalle Machine Learning e grazie ai metodi di “calcolabilità” ,origine degli “algoritmi”, è possibile dare intelletto ai robot (intelligenza artificiale).

La combinazione di strumenti e processi come algoritmi, sensori, lettori ottici, laser, stampanti 3D in comunicazione tra loro con architetture in rete GAN (Global Area Network)  darà la possibile di realizzare ogni genere di manufatto da punti di produzioni sparsi in tutto il mondo, retrocedendo l’Operaio a semplice controllore.

La 4° Rivoluzione industriale toccherà ogni settore e darà forma alla massa indivisa e caotica dei dati che in forma liquida verrà elaborata da comparatori informatici offrendoci la possibilità di costruire farmaci in casa, interconnetterci con il produttore per riparare personalmente gli elettrodomestici semplicemente indossando occhiali interattivi e molto altro ancora.

Come i bambini che nuotano per la prima volta dobbiamo rimanere concentrati sul nostro vero obiettivo che è l’innovazione, senza farci distrarre dalle  sensazioni e preparandoci a divenire protagonisti del Futuro 4.0 .

 

GB