SON FINITI I TEMPI BELLI. IMPARIAMO COSA È IL WELFARE.

Tutti possiamo riscontrare che la società sta cambiando, la tecnologia, i rapporti generazionali e di classe, il lavoro, l’istruzione, la medicina sono in rapida trasformazione e ciò rende il presente meno istintivo e il futuro nuovo.

 

Dalla responsabilità Collettiva a quella Soggettiva.

Tutti possiamo riscontrare che la società sta cambiando, la tecnologia, i rapporti generazionali e di classe, il lavoro, l’istruzione, la medicina sono in rapida trasformazione e ciò rende il presente meno istintivo e il futuro nuovo. Siamo cresciuti nella massima “l’importante è lavorare, poi alla fine sarai premiato dal Sistema che ti riconosce i tuoi diritti e da pensionato potrai mantenerti un tenore di vita dignitoso” questo era il senso del primo welfare, statale e pubblico. I lavoratori pagando tasse permettono a chi non produce reddito di poter percepire sussidi e servizi che con dignità soddisfavano le loro esigenze.

Prima di esporre le varie forme, torna certamente utile capire cosa è il welfare, questi infatti si identifica in generale come l’insieme della prestazioni in natura e/o dei beni economici volti a rispondere ai bisogni di base legati alla famiglia, all’infanzia, all’abitazione e a tutelare i cittadini dall’indigenza e dai rischi derivanti dall’assistenza di reddito in caso di malattia, infortunio, invalidità, disoccupazione, vecchiaia. Rientrano inoltre in questa definizione anche le opere e prestazioni che riguardano altri ambiti di particolare rilevanza sociale, come l’istruzione, la sanità e le grandi opere (strade, dighe, ospedali, ferrovie, ponti…)

Detto così, il welfare assume un aspetto molto diverso a quello riconosciuto nella comune definizione di pensione, sanità, istruzione, la sua forma completa rappresenta beni, servizi e sussistenze economiche necessari al benessere personale e comune.

Se lo Stato incomincia a ridurre il welfare state?

Ci ritroviamo come nella situazione attuale, in un processo di cambiamento che impone nuove strategie, strumenti e comportamenti che mutano le responsabilità dei soggetti sociali, passando da collettive (pubbliche) a soggettive (personali). I rischi, prima calmierati dalla mutualità sociale, saranno affrontati personalmente o mitigati con nuove forme di mutualità collettiva pubblica/privata, servizi d’assistenza Smart efficienti a prezzi accessibili, applicazioni sociali che dovranno svolgere una funzione di secondo welfare integrativo a quello statale. Nell’attuale contesto sociale assistiamo alla nascita di nuovi sistemi dì assistenza secondaria, il welfare sussidiario, erogato da privati (orizzontale) o da enti pubblici locali (verticale), questi in base ai loro scopi si distinguono con finalità di profitto economico, profit (imprese sociali, assicurazioni, aziende, fondazioni) o con finalità d’associazionismo caritatevole, no-profit (terzo settore, onlus, volontariato, cooperative sociali, ong).

Un’altra distinzione sostanziale del welfare sussidiario orizzontale (secondario) riguarda il contesto dove questo prende forma, contrattuale/negoziale, bilaterale, aziendale che coinvolge all’adesione di specifiche categorie di cittadini e lavoratori (chiuso), è prevalentemente promosso dall’azione sindacale interessando una platea di soggetti a livello nazionale e territoriale (individuale o collettivo) o aziendale (obbligatorio o volontario). Nell’ambito del welfare contrattuale rientra anche quello bilaterale che si caratterizza per i soggetti che raggiungono l’accordo di welfare e esprime la nascita o l’accordo con strutture che erogano servizi specifici e customizzati.

Due nuove sottocategorie di welfare secondario sono nate ultimamente e riguarda il welfare di produttività, che corrisponde all’erogazione di somme aggiuntive ai redditi da lavoro e il welfare aziendale corrispondente a servizi, coperture assicurative e sanitarie erogate ai lavoratori in virtù d’accordi e regolamenti aziendali interni. 

Perché il welfare secondario avrà maggiore peso nel futuro?

I mutamenti economici e l’evoluzione sociale rappresentano gli elementi più marcati che spingono verso la messa a regime del welfare secondario/sussidiario. Il welfare statale è insidiato da forti restrizioni economiche (pareggio di bilancio statale, efficientamento dei costi di gestione delle aziende pubbliche) che l’obbligano verso la riduzione dei servizi d’assistenza o delle concessioni economiche previdenziali, alimentati dalla crescente platea di richiedenti (disoccupati, anziani, migranti). La trasformazione del nucleo famigliare, naturale ammortizzatore sociale, con i cambiamenti demografici hanno trasformato la famiglia patriarcale allargata (cortile) in quella nucleare (mulino bianco) composta da due o un solo genitore (divorzi) e la presenza di massimo 2 figli. Quest’ultimi costretti alla mobilità lavorativa futura, probabilmente non potranno attendere, loro malgrado, ai bisogni dei genitori anziani potenzialmente preda di patologie croniche di lunga degenza (epidemia invisibile) come l’alzheimer, demenza senile, diabete, ischemia, asma.

Il cambio di rotta.

Il quadro precedente non si discosta molto da quello descritto dall’OMS (Organismo Mondile della Sanità) e conferma un graduale e veloce spostamento della cittadinanza verso un contesto di responsabilità soggettiva, dove la pianificazione previdenziale personale e di welfare collettivo giocano un ruolo principe per il nostro benessere futuro, che accompagnato alla necessaria creazione di applicazioni di welfare generativo costringeranno al cambio di paradigma che governa i rapporti del fine capitalistico, l’Utile diventerà Inutile se la maggioranza della popolazione non potrà garantirsi dignitosamente la propria sopravvivenza . In questo contesto di solidarietà generativa, le associazioni sindacali e quelle sovranazionali, la coscienza e la consapevolezza soggettiva nella pianificazione previdenziale, rappresentano la chiave di volta  del futuro dei nostri territorio.

GB

GÖTEBORG 2017, NASCE L’EUROPA SOCIALE, ECCO I DIRITTI DEI CITTADINI EUROPEI.

Oggi la sua proclamazione sottintende l’impegno congiunto dei leader dell’UE a sostenere e promuovere i 20 principi e diritti sanciti dal Pilastro e riguarda il rilascio di nuovi e più efficaci diritti per i cittadini.

La necessità per l’UE sul futuro dell’Europa e dei suoi Stati membri, è di soddisfare al meglio le aspettative dei cittadini, questa è stata la dichiarazione adottata dai leader dell’UE alla riunione di Roma del 25 marzo 2017:

” Nei dieci anni a venire, vogliamo un’Unione che sia sicura, prospera, competitiva, sostenibile e socialmente responsabile, con la volontà e la capacità di giocare un ruolo chiave nel mondo e di plasmare la globalizzazione. Vogliamo un’Unione in cui i cittadini abbiano nuove opportunità di sviluppo culturale e sociale e di crescita economica “. Dopo, la riunione di Bratislava del 16 settembre 2016 e la riunione di La Valletta del 3 febbraio 2017. Oggi venerdì 17/2017 , non proprio sotto il migliore auspicio cabalistico, il summit in Svezia per lavori equi, crescita e rafforzamento della dimensione sociale dell’UE.

Il primo ministro svedese, Stefan Löfven , ha dichiarato: ” Il Vertice sociale riguarda il miglioramento reale della vita quotidiana delle persone, il modo in cui garantiamo alle persone l’accesso al mercato del lavoro, come garantiamo un lavoro equo e condizioni dignitose in tutti gli Stati membri e come aiutiamo le persone a transitare ai nuovi posti di lavoro di domani: con il Vertice sociale ci impegniamo chiaramente a mettere l’interesse dei nostri cittadini al centro dell’agenda dell’UE “. Il vertice è una pietra miliare nel dibattito più ampio sul futuro dell’Europa, avviato dal Libro bianco della Commissione Europea e dalla tabella di marcia del presidente Juncker per un’Unione più unita, più forte e più democratica.

Lo sfondo dell’Unione è inquietante e complesso, il mondo del lavoro sta cambiando rapidamente, con nuove opportunità e nuove sfide derivanti dalla globalizzazione, dalla rivoluzione digitale, dal cambiamento dei modelli di lavoro e dagli sviluppi demografici. 70 milioni di europei mancano di alfabetizzazione di base, di competenze matematiche e digitali, ma il 40% dei datori di lavoro afferma di non riuscire a trovare persone con le giuste competenze per crescere e innovare. Oggi, la gente cambia lavoro fino a 10 volte nella sua intera carriera, e sempre più lavoratori sono con contratti non standard. Mentre la popolazione europea aumenterà nei prossimi anni, la popolazione in età lavorativa si ridurrà: secondo le tendenze attuali ci saranno 38 milioni di europei in meno in età lavorativa entro il 2060. Oggi, quattro lavoratori sostengono un pensionato: nel 2060 il rapporto sarà due a uno. Allo stesso tempo, la crisi economica ha lasciato segni profondi nelle nostre società, dalla disoccupazione di lunga durata agli alti livelli di debito pubblico e privato in molte parti d’Europa. Grazie a un’azione decisa a tutti i livelli, l’economia dell’UE è tornata su una base più stabile. Tuttavia, permangono notevoli disuguaglianze sociali e vi sono molte difficoltà persistenti da affrontare, come le differenze nella copertura della protezione sociale tra lavoratori con contratti standard e non standard, il divario retributivo di genere e l’accesso ineguale a beni e servizi per le persone disabili e altri gruppi vulnerabili. C’è anche una domanda sul fatto che l’innovazione, i cambiamenti tecnologici e i benefici e gli oneri che accompagnano i mercati aperti e le società siano equamente distribuiti nella società.

In occasione del vertice sociale, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione Europea hanno proclamato congiuntamente il Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, che è stato annunciato per la prima volta dal presidente Juncker nel suo discorso sullo stato dell’Unione del 2015 e presentato dalla Commissione in aprile 2017.

Oggi la sua proclamazione sottintende l’impegno congiunto dei leader dell’UE a sostenere e promuovere i 20 principi e diritti sanciti dal Pilastro e riguarda il rilascio di nuovi e più efficaci diritti per i cittadini.

Ha 3 categorie principali:

  • Pari opportunità e accesso al mercato del lavoro.
  • Condizioni di lavoro eque.
  • Protezione sociale e inclusione.

Azioni:

Capitolo I: Pari opportunità e accesso al mercato del lavoro.

  1. Istruzione, formazione e apprendimento permanente.

Tutti hanno diritto a un’istruzione, a una formazione e a una formazione permanente di qualità e inclusiva al fine di mantenere e acquisire competenze che consentano loro di partecipare pienamente alla società e di gestire con successo le transizioni nel mercato del lavoro.

  1. Eguaglianza di genere

L’uguaglianza di trattamento e le opportunità tra donne e uomini devono essere assicurate e promosse in tutti i campi, anche per quanto riguarda la partecipazione al mercato del lavoro, i termini e le condizioni di lavoro e la progressione di carriera. Le donne e gli uomini hanno il diritto alla parità di retribuzione per un lavoro di pari valore.

  1. Pari opportunità

Indipendentemente dal sesso, dalla razza o dall’origine etnica, dalla religione o dalle convinzioni personali, dalla disabilità, dall’età o dall’orientamento sessuale, ognuno ha il diritto alla parità di trattamento e alle opportunità in materia di occupazione, protezione sociale, istruzione e accesso a beni e servizi disponibili al pubblico. Saranno promosse le pari opportunità dei gruppi sottorappresentati.

  1. Supporto attivo all’occupazione

Ognuno ha diritto a un’assistenza tempestiva e su misura per migliorare l’occupazione o le prospettive di lavoro autonomo. Ciò include il diritto a ricevere supporto per la ricerca di lavoro, la formazione e la riqualificazione. Ognuno ha il diritto di trasferire protezione sociale e diritti di formazione durante le transizioni professionali. I giovani hanno il diritto di continuare l’istruzione, l’apprendistato, il tirocinio o un’offerta di lavoro di buona reputazione entro 4 mesi dall’essere disoccupati o lasciare l’istruzione. Le persone disoccupate hanno il diritto a un supporto personalizzato, continuo e coerente. I disoccupati di lunga durata hanno diritto a una valutazione individuale approfondita al più tardi a 18 mesi di disoccupazione.

Capitolo II: Condizioni di lavoro eque.

  1. Occupazione sicura e adattabile.

Indipendentemente dal tipo e dalla durata del rapporto di lavoro, i lavoratori hanno diritto a un trattamento equo e paritario per quanto riguarda le condizioni di lavoro, l’accesso alla protezione sociale e la formazione. È incoraggiata la transizione verso forme di lavoro a tempo indeterminato. Conformemente alla legislazione e ai contratti collettivi, deve essere garantita la necessaria flessibilità per consentire ai datori di lavoro di adeguarsi rapidamente ai cambiamenti del contesto economico. Si promuovono forme di lavoro innovative che garantiscano condizioni di lavoro di qualità. L’imprenditorialità e il lavoro autonomo devono essere incoraggiati. La mobilità professionale deve essere facilitata. Devono essere prevenuti i rapporti di lavoro che portano a condizioni di lavoro precarie, anche vietando l’abuso di contratti atipici. Ogni periodo di prova dovrebbe essere di durata ragionevole.

  1. Stipendi.

I lavoratori hanno il diritto a salari equi che garantiscono un tenore di vita decoroso. È garantito un adeguato salario minimo, in modo tale da soddisfare le esigenze del lavoratore e della sua famiglia alla luce delle condizioni economiche e sociali nazionali, salvaguardando nel contempo l’accesso all’occupazione e gli incentivi a cercare lavoro. La povertà lavorativa deve essere prevenuta. Tutti i salari devono essere stabiliti in modo trasparente e prevedibile secondo le pratiche nazionali e rispettando l’autonomia delle parti sociali.

  1. Informazioni sulle condizioni di lavoro e protezione in caso di licenziamento.

I lavoratori hanno il diritto di essere informati per iscritto all’inizio del rapporto di lavoro sui loro diritti e obblighi derivanti dal rapporto di lavoro, incluso il periodo di prova. Prima di ogni licenziamento, i lavoratori hanno il diritto di essere informati dei motivi e ricevere un ragionevole preavviso. Hanno il diritto di accedere a una risoluzione delle controversie effettiva ed imparziale e, in caso di licenziamento ingiustificato, un diritto al risarcimento, compreso un risarcimento adeguato.

  1. Dialogo sociale e coinvolgimento dei lavoratori.

Le parti sociali devono essere consultate sulla progettazione e attuazione delle politiche economiche, occupazionali e sociali secondo le pratiche nazionali. Essi sono incoraggiati a negoziare e concludere accordi collettivi in ​​materie ad essi relative, nel rispetto della loro autonomia e del diritto all’azione collettiva. Se del caso, gli accordi conclusi tra le parti sociali sono attuati a livello dell’Unione e dei suoi Stati membri. I lavoratori oi loro rappresentanti hanno il diritto di essere informati e consultati in tempo utile su questioni ad essi relative, in particolare sul trasferimento, la ristrutturazione e la fusione di imprese e sui licenziamenti collettivi. È incoraggiato il sostegno a una maggiore capacità delle parti sociali di promuovere il dialogo sociale.

  1. Equilibrio vita-lavoro

I genitori e le persone con responsabilità assistenziali hanno diritto a congedi adeguati, a disposizioni di lavoro flessibili e all’accesso ai servizi di assistenza. Le donne e gli uomini devono avere pari accesso alle foglie speciali di assenza al fine di adempiere alle loro responsabilità assistenziali ed essere incoraggiati a usarli in modo equilibrato.

10. Ambiente di lavoro sano, sicuro e ben adattato e protezione dei dati. I lavoratori hanno il diritto ad un alto livello di protezione della loro salute e sicurezza sul lavoro. I lavoratori hanno il diritto a un ambiente di lavoro adeguato alle loro esigenze professionali e che consente loro di prolungare la loro partecipazione al mercato del lavoro. I lavoratori hanno il diritto di proteggere i loro dati personali nel contesto lavorativo..

Capitolo III: Protezione sociale e inclusione

11. Assistenza all’infanzia e sostegno ai bambini.

I bambini hanno diritto all’educazione della prima infanzia a prezzi accessibili e alla cura della buona qualità. I bambini hanno il diritto alla protezione dalla povertà. I bambini provenienti da contesti svantaggiati hanno il diritto di adottare misure specifiche per migliorare le pari opportunità

12. Protezione sociale.

Indipendentemente dal tipo e dalla durata del rapporto di lavoro, i lavoratori e, in condizioni comparabili, i lavoratori autonomi hanno diritto a un’adeguata protezione sociale.

13. Prestazioni di disoccupazione

I disoccupati hanno il diritto a un adeguato sostegno all’attivazione da parte dei servizi pubblici per l’impiego per (re) integrarsi nel mercato del lavoro e adeguati sussidi di disoccupazione di durata ragionevole, in linea con i loro contributi e le norme nazionali di ammissibilità. Tali benefici non devono costituire un disincentivo per un rapido ritorno al mondo del lavoro.

14. Reddito minimo

Chiunque non abbia risorse sufficienti ha il diritto a un reddito minimo adeguato, garantendo una vita dignitosa in tutte le fasi della vita e un accesso efficace alla possibilità di beni e servizi. Per coloro che possono lavorare, i benefici di reddito minimo dovrebbero essere combinati con incentivi per (re) integrarsi nel mercato del lavoro.

  1. Reddito e pensioni di vecchiaia.

I lavoratori e i lavoratori autonomi in pensione hanno diritto a una pensione proporzionata ai loro contributi e garantendo un reddito adeguato. Le donne e gli uomini devono avere pari opportunità di acquisire diritti a pensione. Tutti, in età avanzata, hanno il diritto a risorse che garantiscano una vita dignitosa.

  1. Assistenza sanitaria.

Ogni individuo ha il diritto di accedere tempestivamente a cure sanitarie accessibili, preventive e curative di buona qualità.

  1. Inclusione di persone con disabilità.

Le persone con disabilità hanno il diritto al sostegno al reddito che garantisce una vita dignitosa, servizi che consentano loro di partecipare al mercato del lavoro e alla società e un ambiente di lavoro adeguato alle loro esigenze.

  1. Assistenza a lungo termine.

Tutti hanno diritto a servizi di assistenza a lungo termine di buona qualità, in particolare servizi di assistenza domiciliare e di comunità.

  1. Alloggio e assistenza per i senzatetto.

L’accesso all’edilizia sociale o l’assistenza abitativa di buona qualità devono essere forniti a chi ne ha bisogno.

  1. Le persone vulnerabili hanno il diritto ad un’adeguata assistenza e protezione contro lo sgombero forzato.
  2. Ai senzatetto devono essere forniti adeguati alloggi e servizi per promuovere la loro inclusione sociale.
  1. Accesso ai servizi essenziali.

Ogni individuo ha il diritto di accedere a servizi essenziali di buona qualità, tra cui acqua, servizi igienico-sanitari, energia, trasporti, servizi finanziari e comunicazioni digitali. Il supporto per l’accesso a tali servizi deve essere disponibile per coloro che ne hanno bisogno.

GB

LAVORO E ROBOT: COLLANTE PER LE DIVISIONE DELLA NUOVA TECNOLOGIA.

Ciò di cui abbiamo bisogno sono politiche sociali inclusive che tengono conto dell’accesso più rapido alle tecnologie innovative, un maggiore sostegno alle nuove imprese e un dialogo più aperto su come la povertà e le iniquità amplificano gli effetti negativi delle nuove tecnologie.

Di Calthous Juma , The Conversation 13 novembre 2017.

Il seguente articolo viene riprodotto da The Conversation , una pubblicazione online che si occupa delle nuove invenzioni.

I rapidi progressi nell’intelligenza artificiale e la rapida adozione di robot in diverse industrie stanno sviluppando la paura dell’aumento della disoccupazione. Le risposte a tali situazioni si sono concentrate su come fare per assicurare che i robot non rubino posti di lavori.

Bill Gates, per esempio, ha chiesto la tassazione di robot che tolgono il lavoro. Ciò ha suscitato risposte da importanti economisti, come Larry Summers (ex Vice Presidente dell’Economia dello Sviluppo, Chief Economist della Banca Mondiale e funzionario del Dipartimento del Tesoro USA) che sostengono l’idea secondo cui i robot sono creatori di posti di lavoro e che l’idea di tassarli è profondamente sbagliato. Un’idea ugualmente discutibile è quella di utilizzare il reddito universale di base – l’idea che ognuno riceva un reddito minimo indipendentemente dalla circostanza – per risolvere l’impatto della disoccupazione tecnologica.

L’attenzione a questi argomenti è maldestra.

I lavori non vengono creati o persi a causa di una singola tecnologia, ma a causa dei modelli aziendali progettati per sfruttare la forza della tecnologia. Uber, per esempio, può essere contraddistinto come un servizio di “taxi-hailing”, ma è il risultato di un insieme di applicazioni, gli algoritmi, l’automobile e il GPS, tutti progettati intorno ad un singolo modello di business.

Abbiamo visto esempi simile in passato, con la musica registrata del secolo scorso. Non era la tecnologia di registrazione del 1930 che minacciava i lavori dei musicisti live. Era la sua combinazione tra la radiodiffusione, i jukebox e l’ottimizzazione aziendale che hanno portato a perdere i posti di lavoro. Hotel, ristoranti e bar hanno sostituito musica live con jukebox. Le macchine a monete erano meno costose e non implicavano di affrontare le richieste sindacalizzate dei musicisti. Una singola registrazione può essere risentita più e più volte senza richiedere la presenza dei musicisti.

Come sostengo, in “Innovazione ei suoi nemici: perché le persone resistono alle nuove tecnologie”, la registrazione della musica distrusse i lavori di alcuni musicisti dal vivo e demolì la loro pretesa per i diritti di proprietà. Le obiezioni sociali sono derivanti in gran parte dal potere monopolistico e meno dalla tecnologia stessa.

La tecnologia ha creato enormi vantaggi per l’industria musicale a causa della sua capacità di arrivare a una più ampia porzione di società. Piccole band e musicisti di minoranza che non avrebbero potuto accedere a grandi mercati sono stati in grado di utilizzare la tecnologia per raggiungere il pubblico di nicchia. Ancora più importante, la diffusione della tecnologia ha permesso di far emergere nuovi generi, come il bebop e, infine, diffondersi nei mercati mainstream. Tuttavia, mentre la storia ci aiuta a imparare dal passato, questa è diventata uno scarso consiglio per le mode emergenti. Ciò è dovuto alle differenze qualitative tra le tecnologie equilibrate che hanno definito la rivoluzione industriale dei primi anni ‘1800 e le macchine o le piattaforme di oggi. 

REGOLE DIVERSE

Queste differenze fondamentali – tra le attività di automazione passata e le intelligenze artificiali odierne – suggeriscono l’emergere di nuove economie operanti con regole diverse, i cui contorni sono ancora poco chiari. Gli impatti saranno fortemente sentiti, data la globalizzazione dell’economia mondiale, la velocità di cambiamento tecnologico e l’incertezza prodotta dalla tecnologica avanzata, rendendo difficile prevedere trovare nuove idee. La creazione di posti di lavoro o la perdita deve essere considerata nel contesto complessivo.

Questo è evidente studiando la differenza tra la musica registrata e i robot ed ho identificato quattro livelli.

In primo luogo, i robot vengono utilizzati ad un velocità più rapida rispetto alla musica registrata. Le pressioni competitive nell’industria costringono gli imprenditori a esaminare l’implementazione di sistemi tecnologici che consentono loro di stare al di sopra della curva di produzione. I produttori cinesi, ad esempio, stanno offrendo aumenti salariali con più rapidità dall’adozione del robot industriale.

In secondo luogo, le conseguenze dei robot sono esposti in tutte le reti di produzione e provocano ansia tecnologica su larga scala, poiché i lavoratori temono che i loro impieghi verranno persi. Questo è probabile perché molte delle industrie leader si basano sulle catene di fornitura che si trovano in diverse regioni e paesi. Boeing, per esempio, ricava parti provenienti da varie parti degli Stati Uniti, dell’Europa e di molte altre parti del mondo. Le modifiche nelle sue pratiche di fabbricazione coinvolgono il coordinamento in queste regioni. Ciò vale anche per i prodotti meno complessi come i beni di consumo.

In terzo luogo, i robot stanno procedendo esponenzialmente nell’apprendimento mentre l’umano si sviluppa ad un ritmo lineare molto più lento. Il loro tasso di apprendimento raddoppia in un breve periodo, mentre l’apprendimento umano è incrementale lento. Ciò è in parte dovuto all’abbondanza tecnologica e alla crescente capacità delle macchine di imparare a vicenda come migliorare il funzionamento dei loro algoritmi . La stampa 3D, ad esempio, è una combinazione di tecnologie meccaniche preesistenti che ora beneficiano dei progressi delle tecnologie digitali. Ora può essere applicato in diversi settori, dall’ingegneria alla medicina. Più nuove tecnologie si creano, maggiore è la prospettiva di creare nuove applicazioni. In molti casi gli innovatori iniziano con la ricerca e l’utilizzo di ciò che già esiste in modi nuovi prima di investire in nuove ricerche.

Infine, gli effetti dell’automazione si manifestano in periodi brevi, accrescendo angosce pubbliche e lasciando poco spazio all’adattamento. Ciò soprattutto perché le macchine hanno raggiunto un livello in cui svolgono più velocemente nuovi compiti rispetto a quello per cui sono stati progettati. 

QUALE FUTURO. 

Ciò di cui abbiamo bisogno sono politiche sociali inclusive che tengono conto dell’accesso più rapido alle tecnologie innovative, un maggiore sostegno alle nuove imprese e un dialogo più aperto su come la povertà e le iniquità amplificano gli effetti negativi delle nuove tecnologie. Ciò richiede una visione molto più attenta su come i sistemi e le tecniche sociali si formano reciprocamente per creare economie più eque e resilienti.

QUALE VISION NEL CdA DELLA NUOVA IMPRESA SOCIALE?

Perché l’impresa sociale possa decollare in Italia, serve creare e formare una classe dirigente aziendale specializzata e aperta a realizzare strutture di qualità monitorate, che esalti e condivida i propri processi positivi di valore e individui soluzioni e best practices per quelle meno performanti…

Nel dispositivo riordino del Terzo settore (Dlgs. 112/2017), il legislatore ha concentrato il suo sforzo nell’intento di far decollare l’Istituto dell’impresa sociale (ex Dlgs. 155/2006) e introduce importanti novità (art. 15,16,18) riguardo alcune opportunità e limiti statutari, agevolazioni fiscali, concessioni finanziarie per gli Istituti economici che governano il mercato di mezzo, cioè quello composto da organizzazioni d’impresa che si collocano tra lo Stato e il Mercato, ma non sono pienamente riconducibili ne all’uno ne all’altro, sono cioè soggetti di natura privata, ma volti alla produzione di beni e servizi a destinazione pubblica o collettiva.

“Questi, si differenziano dalle altre forme di impresa per via della finalità indirizzata al Valore Sociale che genera benefici a favore della comunità. La diffusione delle imprese sociali è perciò effetto sia di una crescente difficoltà del sistema del welfare a far fronte ai bisogni sociali, sia del decentramento dei poteri pubblici,” (Borzaga, 2009). La loro nascita soddisfa quei bisogni introdotti dal cambiamento sociale, gerontologico, migratorio, ambientale, trascurato dalle imprese profit e che lo Stato non riesce a soddisfare e si concretizza qualitativamente nella sua capacità di agire anche in ambiti dove il mercato fatica ad intervenire per assenza di domanda o per mancanza di finanziamenti.

In questa condizione l’impresa sociale dovrà ridisegnare la sua architettura di governance dove il profitto non è l’unico obiettivo, i timing strategici dovranno essere tarati nel medio-lungo periodo per misurare performance qualitative più che quantitative, l’attrattività finanziaria sarà estesa verso una maggiore platea di soggetti portatori d’interesse (multistakeholder) per incrementare flussi di finanziamento, donazioni e crowfunding.

Perché possa svolgere il ruolo trainante nel contesto del no profit, l’impresa sociale, coerentemente all’intento del legislatore, dovrà dotarsi di un dynamic trustees, propenso a perseguire obiettivi aziendali innovativi, aggreganti con operatori e istituzioni eterogeni del territorio al fine d’offrire beni e servizi customizzata, processi collettivi previdenti e riabilitativi che generino soluzioni collettive risolutive e previdenti. Quindi, un Board che governi l’impresa non solo per la crescita economica o l’assistenza caritatevole, ma in maniera dinamica miri alla qualità, al cambiamento, all’innovazione tecnologica e individui nel suo management l’estensione operativa dei principi sociali, ponendo in essere  la democraticità nella gestione dell’impresa, la partecipazione degli utenti finali alla valutazione dei risultati, la rendicontazione sociale dettagliata e trasparente e strutturi processi di qualità operativi e di controllo.

La carenza di risorse imprenditoriali con visioni nuove di management specializzato nel settore dell’innovazione sociale e del no-profit, si colloca all’interno del deficit di capitale umano dell’Italia e rende lo sviluppo dell’impresa non a scopo di lucro molto difficoltoso, poiché è improntata sulla trasparenza. Le imprese medio-piccole nostrane prediligono amministratori ben inseriti nelle classi sociali “che contano”, per ottenere risultati con sotterfugi contabili, aiuti politici e amicizie familistiche, mentre le nostre realtà che operano nel circuito internazionali, demandano la loro gestione a professionisti stranieri, vedi Alitalia, Edison, Engie, Generali, Parmalat, Loro Piana, Safilo, Lamborghini…

Perché l’impresa sociale possa decollare in Italia, serve creare e formare una classe dirigente aziendale specializzata e aperta a realizzare strutture di qualità monitorate, che esalti e condivida i propri processi positivi di valore e individui soluzioni e best practices per quelle meno performanti, coinvolgendo nel giudizio gli utenti finali e l’organizzazione interna, puntare al miglioramento dell’organizzazione significa produrre beni e servizi coerenti con le necessità sociali, concreti e customizzati. Questa preparazione alla Leadership sociale non può non tener conto della conoscenza, della preparazione e della formazione indirizzate all’organizzazione, volte a mutuare i processi produttivi che nel terzo settore, non possono fare ameno di passare per il fattore umano e dall’empatia delle strutture aziendali piatte che caratterizzano il terzo settore.

GB

QUESTA POLITICA SBRICIOLA IL FUTURO.

la Collettività siamo Noi e il nostro “non voto” è una risposta all’assenza di strategie sociali, progetti di benessere, innovazioni di valore.

Lo sgretolamento della politica al quale assistiamo è ormai evidente, l’astensione al voto è oggi la costante a tutti i livelli di rappresentanza, comunale, regionale, nazionale e europea.

Il 64% d’astensione a Ostia e il 60% in Sicilia, è la prova che oggi un maggiore numero di cittadini non si reca alle urne, un gruppo eterogeneo di elettori ha decisivo di rinunciare al proprio diritto, rischiando il cortocircuito dell’impianto democratico che si basa sulla rappresentanza di maggioranza, “POPOLARE”. In passato l’astensione raffigurava l’antisistema, la contestazione sociale misurata delle flange anarchiche, azione sovversiva di classe. Oggi i non votanti, sono più numerosi di tutti gli elettori che hanno scelto assieme le liste di centrodestra, di sinistra, centrosinistra e del M5S.

Non più quindi percentuale minoritaria d’irriducibili contestatori, ma la maggioranza sistemica che non si spiega con le teorie poco accreditate degli “impresentabili” o di “figurine amorali” e con mascherati politicanti d’esperienza. L’assenza al voto va indagata in maniera approfondita, probabilmente, ricercata nel separazioni delle rappresentanze politiche che non offrono agli elettori progetti sociali credibili e di Valore (G. Pizzino), leadership non concessa dalla collettività a chi non offre traguardi comuni, obiettivi innovativi di benessere, di felicità diffusa e  in maniera utilitaristica si trincera nella spiegazione sbarazzina della moralità di rappresentanza, scegliendo i leader popolari per la loro fedina penale.

Riduttivo è normalizzare l’astensionismo alla linearità morale dei rappresentanti, oppure alla mancanza di civiltà dei non votanti, è necessario ricercare le motivazioni altrove, forse, nelle relazioni, nella quotidianità frenetica di un presentismo che limita l’empatia e semplifica l’interessante nell’evidente, nella complessità dei nodi sociali, ci troviamo in un momento storico estremamente delicato, di transizione, in cui i percorsi curriculari, le conoscenze, le competenze sono sempre più segnate da una rapida obsolescenza. Abbiamo l’urgenza di politiche, percorsi educativi, formativi ascrivibili nelle logiche di lungo periodo, di futuro, perché è questo che oggi manca (P. Dominici).

“Sommozzarsi” oltre la superficie dell’astensionismo elettorale, nel silenzio di un mondo estraneo, liquido, che potrebbe non mostrarci mai il fondo è il rischio che dobbiamo correre per indagare l’origine della  “non partecipazione” manifesta nel voto elettorale. La consistenza del distacco alla politica non deve essere sottovaluta, ma ricondotta verso l’immagine errata dell’Io individuale,  “isolato”,  rinchiuso nel limite dell’esistenza, circoscritto in figure familiari isoperimetriche, che abbandona il proprio diritto di pretesa, senza “rappresentati” ai quali concedere la leadership per amministrare i territori.

Non potete toglierci il Futuro, la Collettività siamo Noi e il nostro “non voto” è una risposta all’assenza di strategie sociali, progetti di benessere, innovazioni di valore che permettano di progettare oltre il nostro chiuso e “isolato” presente.

GB

COME IL WEB TRASFORMA LA CULTURA.

L’uso del “web” e dei motori di ricerca (e-research) sta sviluppando un forte impatto sul “sapere” collettivo trasformando la cultura sociale, la scienza (bibliometria) e la correlazione quantitativa dei contenuti (webometrics).

Usare il Vocabolario, cercare nel Dizionario la traduzione di una parola, per un giovane-digitale risulta una operazione inefficiente, arcaica, difficile. L’introduzione nel nostro quotidiano delle applicazioni digitali produce nuovi impatti sociali, cambiamenti delle abitudini che trasformano le attività e i processi collettivi consolidati .

Oggi è inusuale convenire con “Tal de’ tali” l’orario preciso per un appuntamento telefonico, poiché la telefonia mobile ci permette di rintracciare chiunque, ovunque. L’uso del “web” e dei motori di ricerca (e-research) sta sviluppando un forte impatto sul “sapere” collettivo trasformando la cultura sociale, la scienza (bibliometria) e la correlazione quantitativa dei contenuti (webometrics).
In un istante, l’uso dei motori-web di ricerca (e-research)  ci permette la conoscenza “profonda” del significato delle parole (specifica) e limita la diffusione del sapere ampio che ha caratterizzato il secolo scorso, definito enciclopedico permetteva d’investigare la conoscienza adoperando in maniera sinergica vocabolario, enciclopedia e testi specialistici per raggiungere con molto dispendio di tempo e d’energie, il risultato di  conoscenza “larga”. Allo stesso modo, lo scambio d’informazioni tecniche oggi più rapido e fruibile, mette a disposizione della comunità scientifica una grande mole di dati (big-science) che nel passato rappresentava uno dei limiti della ricerca scientifica, oggi superata dal concetto di cyberscienze “il Web ha reso misurabile ciò che prima era incommensurabile” (Gunther Eysenbach).

La facile fruizione delle informazioni specifiche e del sapere (open-knowledge), impone ai luoghi istituzionali di conoscenza la necessità di trasformarsi in spazi di condivisione e che per mantenere la loro attrattività devono fornire soluzioni pratiche e applicazioni  customizzati alle necessità del singolo fruitore, in questo contesto la “terza missione” dell’Università è stata riconosciuta come ruolo istituzionale degli Atenei, mantenendo ancora, purtroppo, il marcato distacco tra sapere Accademico e Cultura diffusa.

” Quando vi deciderete di fare il salto di qualità e abbracciare il progetto di Human Campus è sempre tardi”, saluti da GB.

SIAMO VICINI ALLA TRASCENDENZA?

SIAMO VICINI ALLA TRASCENDENZA?
La razza umana incominci ad interrogarsi se e come normare l’uso applicativo degli algoritmi.

La trascendenza è in generale la proprietà o la qualità di qualcosa che “va al di là”, l’evoluzione inscrittibile che “va oltre ogni determinato ambito” e poiché non può essere circoscritta dentro i limiti del conosciuto, sfugge alla previsione umana.

L’Intelligenza Artificiale (IA) oggi è realtà, computer coscienti che si autoprogrammano riconoscendo i propri errori raggiungono livelli di perfezione decisionale e superano la logica umana, come nel caso di una versione aggiornata di AlphaGo, l’intelligenza artificiale della divisione DeepMind di Google, ha imparato da sola a giocare a “Go”, il famoso (e complicatissimo) gioco strategico ideato in Cina più di 2500 anni fa, scoprendo in poche decine di giorni strategie del gioco da tavolo che erano state sperimentate e perfezionate in millenni. Gli scienziati dietro al programma hanno descritto il tutto in una ricerca pubblicata su “Nature” che vi allego come link in fondo a questo post.

Chi ha visto il film Transcendence del 2014 di Wally Pfister, sa di cosa sto parlando. A governare l’attuale IA sono gli “algoritmi” cioè semplici procedure elementari (atomicità), univoche (non ambiguità), che restituiscono un solo risultato (effettività) e utilizzando i diagrammi di flusso sintetizzano processi che permettono alla macchina di effettuare autonomamente scelte in sequenza.
Nel film di Wally Pfister si ipotizza che i computer in “rete” governati da appositi algoritmi, possano espandere la propria IA illimitatamente, tanto da raggiungere la “trascendenza”.

Alla luce di queste certezze, non è sbagliato che la “razza umana” incominci ad interrogarsi “se e come” normare l’uso applicativo degli algoritmi nei processi sociali, quali principi etici di base dovranno possedere le applicazioni IA per essere dichiarate legittime e quali quelli illegali?

Questo annoso dilemma sminuisce e ridicolizza le vicende dell’attualità politica, facendo desiderare il determinismo di una società algoritmica.

GB

Link Nature:
http://www.nature.com/…/jo…/v550/n7676/full/nature24270.html

𝗜𝗟 𝗧𝗥𝗘𝗡𝗢 𝗖𝗛𝗘 𝗦𝗧𝗜𝗔𝗠𝗢 𝗣𝗘𝗥𝗗𝗘𝗡𝗗𝗢 𝗠𝗘𝗧𝗧𝗘 𝗔 𝗥𝗜𝗦𝗖𝗛𝗜𝗢 𝗜𝗟 𝗙𝗨𝗧𝗨𝗥𝗢 𝗗𝗘𝗟𝗟’𝗜𝗧𝗔𝗟𝗜𝗔.

La differenza tra il piano di sviluppo d’Innovazione programmato dal Governo e il reale utilizzo dei suoi stanziamenti crea forti dubbi sul futuro del nostra Nazione. La classifica UE vede l’Italia al primo posto nell’utilizzo di fondi strategici per l’Innovazione (Feis), con 58 progetti già finanziati e operazioni approvate per 4,4 miliardi dal Fondo Europeo, riguardano per il 71% dei finanziamenti erogati le tecnologie di produzione delle PMI, digitale (12%), trasporti (8%), ambiente ed efficienza nell’uso delle risorse (5%) e infrastrutture sociali (4 per cento).
I drivers, secondo Bruxelles, sono i 42 accordi sottoscritti con intermediari finanziari – soprattutto banche e fondi – che hanno agevolato l’accesso al credito e finanziato i progetti innovativi di 204 mila piccole imprese e start-up.

Il Piano Industria 4.0, presentato nel 2016 dal Governo Italiano, prevede un impianto “circolare” tra le direttrici chiave, Investimenti innovativi e Competenze, sinergici con le direttrici d’accompagnamento, Infrastrutture abilitanti e Strumenti pubblici di supporto. Passato il primo dei tre anni previsti (2017/2020), non si ha traccia delle azioni per la valorizzare il capitale umano, ancora da decidere a termine di legge i Competence Center Nazionali (Competenze), catene digitali di vendita (Piano Made in Italy), dei 900 milioni del progetto presentato, previsti per il fondo di garanzia solo 350 milioni nel 2017, 200 milioni per il 2018 e l’introduzione della nuova Sabatini strumentale che prevede il superammortamento strumentale.
Come direbbero i tedeschi: “Italiani soliti pasticcioni”.

Dubito fortemente che i manager politici e industriali non sappiano “governare” un progetto come Industria 4.0 che al suo varo nel 2016 lasciava ben sperare per lo sviluppo del nostro Territorio nazionale. Ad oggi rimane tutto sulla carta, i risultati scarni e lontani dal creare speranze e futuro per gli italiani, vanno ricercati forse nei sistemi familistici e corrotti della sua leadership, che per accontentare pochi priva la moltitudine sociale della speranza di crescita e sviluppo.

𝑰𝑻𝑨𝑳𝑰𝑨𝑵𝑰 𝑴𝑰𝑮𝑹𝑨𝑵𝑻𝑰 4.0.

La mancata valorizzazione del capitale umano, Ricerca e Sviluppo, con investimenti orientati in prevalenza in Impianti, non potrà che portare all’impoverimento sociale e culturale, aumenteranno le disparità di classe e il divario sociale, la fuga di cervelli e di giovani capaci sarà la costante demografica.
Nessuno che sia sano di mente può sostenere che i cambiamenti sociali attuali sono paragonabili a quelli di 30 anni fa, la destabilizzazione dell’assetto pubblico Italiano avrà nuove fattezze, liquide, e riguarderà settori prima sconosciuti, cybersecurity, etica algoritmica, cyberproduzione, welfare generativo, mutualità dei nuovi rischi tecnologici, settori che colgono alla sprovvista e massacrano velocemente la civiltà che non è strutturata in maniera innovativa e condivisa, resiliente.
Ritorneremo a essere un popolo di Viaggiatori in un mondo dove non serve la manodopera, Migranti 4.0.

GB

L’INNOVAZIONE È SINGOLARE O PLURALE?

È sempre un individuo che è l’impulso per l’innovazione.
I dettagli possono essere elaborati da una squadra, ma la vera innovazione risulta dall’opera e l’intuito unico di un individuo.

È sempre un individuo che è l’impulso per l’innovazione.
I dettagli possono essere elaborati da una squadra, ma la vera innovazione risulta dall’opera e l’intuito unico di un individuo.

L’innovatore, tanto quanto un’innovazione,
è un fenomeno unico. Entrambi sono termini che dipendono l’uno dall’altro per il loro significato e per l’esistenza. Il filo comune che unisce i due è forse il fatto che essi possono essere generati solo in solitudine, in quanto sono i calcoli complessi del pensiero di un individuo che genera un’idea. E l’idea è un’innovazione solo se unica e si distingue sia per quanto riguarda la sua originale caratteristica che le implicazioni futuristiche.

Nelle profondità della mente umana c’è una capacità per lo straordinario. Lo sviluppo di connessioni uniche tra i pensieri e il progetto di una nuova idea è un tratto che possiede l’individuo. Anche se un team è efficace nell’accelerare questo processo, è l’individuo che può eseguire l’ultimo miglio necessario per la generazione di un’idea unica. Ci è prova per le indagini di neuroscienze dove è stato trovato che la mente umana è capace di grandi scoperte, per mezzo della semplice ristrutturazione di un ordine esistente di cose già esistenti. Il potere dell’immaginazione, se dovessimo considerare, è anche una capacità innata della mente individuale piuttosto che quella della coscienza collettiva.

L’innovazione della lampadina di Thomas Alva Edison è una prova. Se non fosse stato il singolo a continuare la sperimentazione, i 99 tentativi falliti avrebbero facilmente scoraggiato una squadra, ma era la sua capacità individuale ha potuto impedirgli di fermarsi lungo i binari fino alla sua meravigliosa scoperta. Da allora questa scoperta ha guidato sviluppi di tutti i settori e ha cambiato per sempre il volto della civiltà. Anche se teorico, è una credenza comune che la scoperta della lampadina non avrebbe mai potuto provenire da un gruppo di individui. Un’altra osservazione che sostiene questo argomento è che gli individui che compongono una squadra tendono a aumentare la velocità e la fluidità del processo di innovazione. Una nuova idea può verificarsi in qualsiasi momento, di giorno o di notte, a causa di qualcosa o in risposta a qualcos’altro, ma può avvenire solo grazie ad un singolo soggetto, in un modo che non può essere predeterminato. Dato che questo è il processo di nascita di una nuova innovazione, una squadra che funziona secondo regole e linee guida non può realizzarla.

Un motivo per cui una squadra non è in grado di eseguire un percorso di ultimo miglio è solo un’ipotesi, in quanto ci possono essere eccezioni. Le eccezioni, però, si verificano quando scegliamo una dimensione diversa dell’innovazione e cioè la realizzazione. Quando si tratta di un’applicazione tempestiva e ben chiara nel pensiero e nel processo, una squadra è più qualificata di un individuo, forse dovuta alla pura molteplicità di specializzazioni e ai vincoli temporali di lavoro. Un esempio ideale sarebbe la fusione di Daimler e Crysler che per salvare la società in tempo richiedeva importanti modifica dell’automobile perchè venisse realizzata e portata sul mercato. Il team che ha trovato la soluzione è riuscito a farlo e da quel momento l’applicazione ha cambiato il destino dell’organizzazione. Sebbene non sia stato nominato nessun individuo, il credito è andato ad un intero team che ha lavorato senza sosta per portare avanti la modifica chiave cruciale, non prevista dai rivali del mercato  in quel momento. Una brillante dimostrazione di talento specialistico, di modificare qualcosa sotto pressione e di eseguirla con efficacia, è un lavoro che può essere intrapreso solo da squadre di individui altamente qualificati e motivati. Sebbene non un’innovazione, è da catalogare come un’applicazione molto vicina all’idea, quindi rilevante in questa discussione.

Riassumendo, sia a livello industriale che di base, le innovazioni sono il cervello di un calcolo mentale complicato delle capacità individuale, sostenuto da un’immaginazione inesplorata. Anche un team di centinaia di migliori scienziati è incapace di ottenere la migliore innovazione rispetto a un genio energico. Questo è qualcosa che è una linea caratteristica della razza umana, e se non fosse per questo si sarebbe estinto da lungo tempo.

(Data pubblicazione

LE ORGANIZZAZIONI PIATTE E LA TEORIA DEL CAMBIAMENTO (TOC).

I processi di qualità restano la base essenziale per ottenere risultati di benessere diffuso e durevole nelle organizzazioni attuali (liquide), necessarie ad affrontare processi produttivi mobili, complessi e di breve durata…

I processi di qualità restano la base essenziale per ottenere risultati di benessere diffuso e durevole nelle organizzazioni attuali (liquide), necessarie ad affrontare processi produttivi mobili, complessi e di breve durata.

Le organizzazioni del passato che si misuravano in mercati poco reattivi, puntavano la loro forza nella produzione settoriale specializzata che gli permetteva margini di tempo coerenti al recupero degli investimenti in ricerca e sviluppo, bisogna pensare che la fiat nuova 500 fu prodotta consecutivamente per 20 anni (58/77) in 6 colori. La concorrenza globale d’oggi, i gap tecnologici e i costi di produzione differenti, riducono i “tempi di garanzia esclusiva” e generano sistemi produttivi che hanno bisogno di organigrammi altamente dinamici per mantenere la leadership dei brand nei mercati composti da concorrenza altamente variabile.

Oggi la responsabilità operativa della pianificazione aziendale strategica deve essere distribuita a tutti i livelli organizzativi al fine di agevolare le dinamiche decisionali, in questo contesto le strutture piramidali assumono forme verticali anacronistiche, inadatte alle complessità dei mercati globali, che restituiscono risultati poco efficienti.

Nuovi teorie manageriali di strutture complesse e strumenti di pianificazione di solving attuano strategie risolutive alle richieste dei nuovi mercati globali (TOC, TRIZ, GTI, …), permettono processi di qualità condivisi, adeguamenti rapidi ai cambiamenti e costante monitoraggio funzionale.

La Theory of Change (TOC) o teoria del cambiamento, viene molto utilizzata nelle organizzazioni piatte, questa si concentra in particolare sulla mappatura o “filling in” di quello che è denominato come “centro mancante” tra ciò che un progetto attua come iniziativa (le sue attività o interventi) e come questi permettono di raggiungere gli obiettivi desiderati, individua prima gli obiettivi desiderati a lungo termine e poi evince da questi tutte le condizioni (esiti) che devono essere messe in atto, i loro legami reciproci per raggiungere gli obiettivi a lungo termine, tutti mappati in un Outcomes Framework (mappatura dei risultati). Il quadro generale dei risultati fornisce la base per strutturare le responsabilità di processo, le attività e gli intervento correttivi che porteranno ai risultati a lungo termine.

Attraverso questo approccio si comprende meglio la cronologia e i legami tra le attività da applicare sul campo, gli step di verifica e eventuali “manutenzioni” alle azioni esecutive. Ciò porta a una migliore programmazione, in quanto le singole azioni sono dettagliate nel loro concatenamento corologico e individua visivamente i nodi essenziali per generare il cambiamento. Inoltre porta a una migliore valutazione, in quanto è possibile misurare i progressi verso il conseguimento d’obiettivi a più lungo termine che vanno oltre l’identificazione degli output di programma.