VIVERE A LUNGO DA SOFFERENTI NON È UN BUON AFFARE

Poiché l’aspettativa di vita alla nascita non è in grado di rispondere pienamente a questa domanda, sono stati sviluppati indicatori di aspettativa di salute, come ad esempio anni di vita in buona salute (chiamati anche aspettativa di vita senza disabilità).
Si concentrano sulla qualità della vita spesa in uno stato di salute, piuttosto che sulla quantità di vita – misurata in base all’aspettativa di vita.

L’Italia è tra i paesi più longevi al mondo!

A questo annuncio tutti a battere le mani, tirando fuori le bandiere dalle finestre per ringraziare il nostro sistema sanitario, la salubrità dell’ambiente, del cibo, dell’acqua…

Grazie alla digitalizzazione dei dati, alla trasparenza e al w.w.w. (world wide web), spulciando i dati di EUROSTAT, qui, è consigliabile frenare la contentezza e pretendere dai nostri politici più diritti in ambito ambientale, alimentare, sanitario e di welfare-state.

“Poiché l’aspettativa di vita alla nascita non è in grado di rispondere pienamente a questa domanda, sono stati sviluppati indicatori di aspettativa di salute, come ad esempio anni di vita in buona salute (chiamati anche aspettativa di vita senza disabilità).
Si concentrano sulla qualità della vita spesa in uno stato di salute, piuttosto che sulla quantità di vita – misurata in base all’aspettativa di vita.
Gli anni di vita in buona salute sono una misura importante della salute relativa delle popolazioni nell’Unione europea (UE).”

Se i dati riportati da EUROSTAT restituiscono la fotografia del presente, per il futuro bisogna considerare gli effetti negativi indotti dal nostro stile di Vita sulla salute e l’accesso alle cure, sia preventive che risolutive, che si svilupperanno con un trade al ribasso grazie a un sistema pensionistico (pensionati da 500€) e sanitario (a pagamento) che non garantiscono un accesso alle cure diffuso.

Per questo e altri motivi, dobbiamo premunirci adesso, durante il periodo produttiva della nostra vita, per calmierare i rischi, certi di un futuro rischioso, pretendendo dal nostro sistema Istituzionale ATTENZIONE verso temi importanti che interessano il nostro stile di Vita, la salubrità dell’ambiente, alimentare, della felicità e della prevenzione.

GB

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L’OPPORTUNITÀ IN CRISI.

“L’ottimista vede opportunità in ogni pericolo, il pessimista vede pericolo in ogni opportunità.”

“L’ottimista vede opportunità in ogni pericolo, il pessimista vede pericolo in ogni opportunità.”
Per W. Churchill la “forza d’animo” è il risultato d’azione tra ottimismo e pessimismo, due stati emotivi, tratti di personalità, di carattere, che riflettono la visione del pericolo conosciuto come “Rischio”. L’ottimista ha in comune con il pessimista la tendenza a osservare il futuro, valutando scenari che sono frutto di scelte e azioni (previsioni).

È forse un azzardo sostenere che la forza d’animo possa da sola restituire i risultati ambiti in situazioni di “crisi”. Perseguire i propri obiettivi è un “processo attivo” che impone la valutazione delle scelte (decisioni) manifeste in attività reali (azioni). Le crisi sono momenti di passaggio, selezione, decisione (Tucidide), generano cambiamenti di qualità scadente oppure di valore asseconda dei criteri di scelta (capacità di discernere).

Conoscere e applicare i protocolli decisionali è rilevante nelle risoluzioni delle crisi, spesso si assumono comportamenti ripetitivi e diffusi, rimandare le decisioni, non agire per paura di rischiare (spavento, panico, angoscia) portano ad effetti critici e casuali (fortuna/sfortuna), affrontarle con metodi d’esperienza presuppone l’assunto che alcuni accadimenti si ripetono con le medesime modalità, anche a distanza di tanto tempo in base ad un preciso disegno stilato della Divina Provvidenza (corsi e ricorsi storici, G. Vico).

Eppure, bisogna accettare che calmierare il rischio nelle scelte complesse, multifattorialità del rischio, implica l’applicazione di protocolli e processi di qualità (UNI-ISO 9000) e di una rigida pianificazione d’azione per giungere a una strategia vincente:

• Pianificazione preliminare, (acquisizione dei dati, criteri d’analisi).
• Analisi del rischio, (identificazione e misurazione).
• Valutazione del rischio (definizione dei criteri, ponderazione).
• Trattamento del rischio (priorità d’intervento, identificazione delle scelte, attività di controllo).

Per cogliere l’opportunità dalla crisi, liberi da preconcetti, bisogna soffermarsi non solo sulle proposte d’azione ma condividere “come” e con quale “criterio” si è giunti a queste, applicando processi che riducono le possibilità d’errore.

“Le conoscenze sfuggono a coloro che sono animati da pregiudizi.”

GB

ROSSO O NERO, FINAZIARE LE START-UP ITALIANE È COME PUNTARE ALLA ROULETTE.

Dobbiamo rendere possibile il nuovo passo per l’ecosistema Start-Up orientando i processi di selezione a produzioni di nuove imprese che offrano applicazioni sul territorio, individuino geograficamente i settori del micro-mercato locale utili a risolvere i BISOGNI REALI innovando per rendere resiliente il territorio interessato.

Incubatori, Acceleratori, Fondazioni sono le realtà che sul nostro territorio rastrellano i nuovi imprenditori con idee innovative, attraggono finanziamenti, fondi e investitori di capitali a rischio (venture capital), supportano e agevolano l’avviamento delle start-up.
L’attività svolta da queste organizzazioni è importante per la crescita del tessuto imprenditoriale nazionale, poco inclusive geograficamente perché prevalentemente presenti nel Nord Italia (Lombardia, Veneto, Emilia, Trentino). Ad oggi, hanno sviluppano circa 7.000 start-up con 35mila addetti impegnati, un incremento dell’11% rispetto all’anno 2016, per lo più imprenditori con esperienze professionali nel settore ICT, le imprese registravano ricavi annui medi per 133mila euro, un Ebitda (utili prima degli interessi, delle imposte, del deprezzamento e degli ammortamenti) negativo del 25%, una capitalizzazione limitata con investimenti medi per 61mila euro e debiti finanziari per 54mila euro (AIAF 2017). Il risultato che ne consegue è che allo scadere dei cinque anni, quindi al termine della fase di start-up, solo un’impresa su due riesce a sopravvivere, senza comunque raggiungere le dimensioni necessarie per avere un ruolo rilevante nel mercato di riferimento.
Risultato deludente, se si pensa che la metà degli investitori non riceverà nessuna remunerazione, anzi non otterrà nemmeno il capitale investito, questo corrisponde a scommettere al tavolo della roulette tra “rosso e nero”. È necessario invertire la tendenza dei risultati per evitare che l’Italia, anche in questo settore, non ottenga il giusto riconoscimento dai canali finanziari a rischio, sterilizzando il territorio da investimenti privati.
Siamo certi che il corso messo in atto dalle strutture territoriali di accelerazione e incubazione segua processi di posizionamento strategico e di scelta in mercati di qualità?
L’ICT è il miglior settore per l’investimento a rischio?
Vero è, che bisogna innovare l’intera struttura di accelerazione e incubazione, riprogettarla come passaggio organico di un intero ecosistema e non solo fase assestante del processo d’impresa, ricostruirla come elemento inclusivo del territorio mettendo a regime infrastrutture, tecnologie, politiche locali, esaltando le vocazioni del territorio, al fine di produrre il “continuing resolution” necessario alla protezione dell’impresa nel tempo.
PICCOLO, INNOVATIVO, LOCALE E REALE.
Dobbiamo rendere possibile il nuovo passo per l’ecosistema Start-Up orientando i processi di selezione a produzioni di nuove imprese che offrano applicazioni sul territorio, individuino geograficamente i settori del micro-mercato locale utili a risolvere i BISOGNI REALI innovando per rendere resiliente il territorio interessato.
Non solo Investire in ICT, ma anche nei sistemi d’educazione scolastica, assistenza sociale, agricoltura sostenibile, microfinanza e sharing innovativo, creare un processo inclusivo di “do ut des” che permetta alla Start-Up d’integrarsi nel Territorio, diventando parte importante negli anni a venire per la crescita e monitoraggio delle comunità.
Da anni urlo al vento, che “il sapere e polverizzato sul territorio” ed è su questo che bisogna cercare i talenti per non farli fuggire altrove, che possano sviluppare la loro idea per migliorare il territorio e renderlo resiliente.
Questa è la piattaforma generatrice della NEW REVIVAL GENERATION, la nuova generazione di Ecosistemi Imprenditoriali che cresce a ritmi galoppanti in America e Village Capital ne è un suo esponente di spicco che vanta una redemption del 91% di survival rate nel periodo 2009/2017 di start-up e aziende finanziate.
“Riflettete Gente, riflettete”. GB

REALTÀ LIQUIDA, CLEMENZA DI UN DIO CHE NON USA LE APP.

Fin quando non prenderemo coscienza di vivere in una società che genera “Nuove Verità” non possiamo sviluppare e utilizzare strumenti che definiscano la nostra nuova identità sociale, vivremo la verità di realismo ingenuo, naturale, sperando nella clemenza di un Dio che non usa le App.

Esplorare l’ambiente circostante è una delle principali attività che l’essere umano svolge nell’intero arco della sua esistenza, “come conosco” (mappa cognitiva) e “come percepisco” il mondo (mappa emotiva) sono prerogative che dipendono da diversi fattori e influenzano la visione sociale (percezione), il pensiero e il futuro dell’individuo. Attraverso le “percezioni” si crea la consapevolezza dell’ambiente e degli eventi che accadono in esso (spazio di vita) e assieme con altri processi, si plasma la propria “Verità”, che amplificata e condivisa influenza l’ambiente circostante condizionando il comportamento collettivo (identità sociale).

La parabola degli “uomini ciechi e l’elefante” (scienziato ingenuo, Heider, 1958), dimostra come contemporaneamente possono sussistere più Verità (pluralità della realtà):

“Se davanti a un elefante viene chiesto a un gruppo di ciechi di descrivere quello che toccano, questi risponderanno in modo diverso. Qualcuno mentre tocca solo i piedi dell’elefante potrebbe dire che assomiglia a un pilastro, altri potrebbero dire toccandone la coda che assomiglia ad una corda mentre, qualche altro potrebbe dire toccando il suo stomaco che è come un muro.”

In questo esempio, gli aspetti “fenomenico”, “naturale” e “fisico” si contrappongono, le descrizioni non sono semplicemente diversi ma in conflitto, allo stesso modo nell’identità sociale la percezione comune può contrapporsi a quella scientifica dando vita a diverse Verità. Per il senso comune, la terra è immobile e piatta, il sole sorge e tramonta, viceversa per l’immagine scientifica la terra ruota su se stessa ed è sferica, sole e terra ruotano intorno a un asse comune. Una stessa cosa può avere più prospettive e l’individuo sente che la sua prospettiva è giusta e completa, ma d’altra parte ci sono diversi “punti di vista” che allo stesso modo potrebbero essere Verità secondo gli altri.

Quindi esistono più Verità, ognuna contribuisce a plasmare la società?

Nella teoria della “pluralità della realtà” si tenta di comprendere la natura e i problemi associati alle scelte presenti e alle visioni del futuro sociale, cioè alle molte interpretazioni e ai diversi punti di vista individuali che formano la spazio di vita comune. Alexandre Koyré, attribuisce la responsabilità del conflitto di Verità alla “Nuova Scienza” che ribalta e livella il precedente pensiero sociale (Credo teologico), nel quale la presenza del Divino spiega e appiana gran parte dell’irrisolto. Koyrè, attribuisce le cause finali o formali alla nuova scienza, dove i criteri di spiegazione teologica “spariscono – o vengono respinte – mentre subentrano al loro posto le cause efficienti e materiali. La sostituzione di un mondo qualitativo con uno di quantitativo e di uno del divenire con uno dell’essere, non c’è mutamento o divenire nei numeri e nelle figure” (Alexandre Koyrè, Studi Newtoniani). La nascita della scienza moderna, “abbatte le barriere che separano cielo e terra, unifica l’universo” sostituendo al nostro mondo fatto di qualità e di percezioni, il mondo che è il teatro della nostra vita, delle nostre passioni e della nostra morte, un altro mondo, il mondo della quantità e della geometria reificata”, (P. Galluzzi, A. Koyrè Studi newtoniani, 1983).

Koyré sosteneva che “anche in questo secondo mondo (moderno), sebbene vi sia posto per ogni cosa, non vi è posto per l’uomo”. Se dunque nella lettura del Sistema che ci circonda non vogliamo rinunciare alla centralità di Essere Umano è naturale che ci si ritrovi a osteggiare le Verità di coloro che vogliono privilegiare l’immagine scientifica e a rivendicare invece l’esistenza (o la sopravvivenza) di un mondo del senso comune, dotato di una propria storia umanistica e governato da leggi autonome.

Tra la fine 800’ e la prima metà del 900’, centrale alla scuola di P. Twardowski, diversi filoni di pensiero furono consacrati alla teorizzazione della “pluralità della realtà”, dove le matrici principali (Austro-Polacca) si separa in quelle che vengono chiamate “immagine manifesta” e “immagine scientifica” (W.Sellars), che Leon Chwistek riuscì a descrivere in una “linea univoca” pratica, nella quale si riconosco quattro livelli di realtà:

  • Naturale, è quella a cui si riferisce come “realismo ingenuo”, di senso comune.
  • Fisica, è quella descritta dalla fisica come scienza.
  • Fenomenica, è quella spiegata dalla tendenza associativa della ragione umana che usa accostare “impressioni” in un presunto rapporto di causa-effetto.
  • Intuitiva, è quella degli elementi spontaneamente rappresentati.

“Per Chwistek i diversi tipi di realtà sono tutti egualmente validi, nessuno di essi rappresenta la vera e propria realtà, perché sono tutti allo stesso modo veri. Inoltre, non vanno intesi come pezzi, applicativi, settori della realtà perché ognuno di essi esaurisce l’intera realtà. Chwistek, sostiene che i diversi tipi di realtà sono radicate alle diverse attitudini etiche e per questo motivo l’eventuale scelta a favore di uno o dell’altro tipo di realtà avviene su basi prettamente soggettive, valoriali”, (R.P., G.S., Estetica Fenomenologica 1997).

L’attuale Realtà è ancora governata dai quattro livelli di Chwistek?

Sembra verosimile che la nuova società abbia oltrepassato il concetto di moderno e postmoderno. Nel saggio scritto a quattro mani, Stato di Crisi di Bordoni-Bauman, Carlo Bordoni teorizza una crisi della modernità e della postmodernità, che rappresenta un discusso interregno (un fenomeno limitato nel tempo che si riflette sul presente) mentre Bauman sostiene che la nuova tecnologia e le sue applicazioni (App) ci permettono di muoverci in uno “spazio di vita” senza più confini fisici, dove i riferimenti geografici non sono ostativi perdendo il loro nitido valore Istituzionale, Politico, Sociale, mentre l’Identità si mescola in maniera “fluida” alle molteplici Verità che non parlano la stessa lingua, non condividono gli stessi luoghi e si diffondono virtualmente in Rete (identità fluide transnazionali, Shiller e Basch).

La “realtà liquida” è il quinto livello che completa e attualizza la teoria di Chwistek e governa l’interregno, “siamo in una fase di interregno, di passaggio, dove tutto è ancora incerto” (Bauman, società liquida), dove il concetto “comunità” perde la sua natura visiva, ambientale, istituzionale, identificativa del territorio e della sua gente per sciogliersi nell’individualismo condiviso in rete privo della sua naturale fisicità, “con la crisi del concetto di comunità emerge un individualismo sfrenato, dove nessuno è più compagno di strada ma antagonista di ciascuno, da cui guardarsi. Questo “soggettivismo” ha minato le basi della modernità, l’ha resa fragile, da cui una situazione in cui, mancando ogni punto di riferimento, tutto si dissolve in una sorta di liquidità” (U. Eco, l’Espresso).

In questo contesto di globalizzazione della conoscenza e del pensiero, perdono di consistenza anche le nozioni di Stato, Ideologia Politica, Razza, “quale libertà decisionale rimane agli stati nazionali di fronte ai poteri delle forze supernazionali? …Finita la fede di una salvezza proveniente dall’Alto, dallo stato o dalla rivoluzione, lo sbocco sociale è l’indignazione: si sa cosa non si vuole; non si sa cosa si vuole. I movimenti politici agiscono; nessuno però sa più quando e in quale direzione ”… (Bouman, Stato di Crisi).

Oggi non esiste la leadership capace di indicare la mappa cognitiva del futuro etico. Anteporre la visione egoistica-quantitativa a quella sociale-innovativa servirà a generare una distorta percezione emotiva comune, presente nell’attuale società competitiva lineare con i suoi ingiusti valori che si mostra nel veloce procedere verso la rivalità e la ricerca spasmodica del benessere autoreferenziale, (G. Barbaro, 2018).

Fin quando non prenderemo coscienza di vivere in una società che genera “Nuove Verità” non possiamo sviluppare e utilizzare strumenti che definiscano la nostra nuova identità sociale, vivremo la verità di realismo ingenuo, naturale, sperando nella clemenza di un Dio che non usa le App.

GB

IL POPOLO NON CONOSCE IL PROPRIO POTERE.

Per essere indipendenti e efficaci, unità d’oggi, dovremmo possedere le capacità di calcolo di un computer e la velocità decisionale di un algoritmo, perché le aspettative di vita si sono notevolmente allungate e ci costringono ad effettuare un numero superiore di decisioni in tempi più rapidi.

 

Riuscire a trovare la descrizione corretta dei programmi politici presentati dai Partiti italiani in questa campagna elettorale è cosa molto ostica, le proposte sono ferme al presente e rappresentano un “Hot-Towel” ai problemi, soluzioni ferme alloggi per risolvere l’effetto e attirare il consenso Popolare.

Ripetutamente i dibattiti sfociano in reciproche accuse, urlate con trasparenza e onestà, due requisiti che da soli non esprimono le capacità di un candidato, nella mia vita ho incontrato diverse volte “onesti” che in maniera “trasparente” si definiscono “incapaci”, non so Voi.

Nessun cambio di passo accompagna l’offerta dei superpagati “parlatori del nulla”, nessuna strategia sulle vere cose che contano nella Vita dei cittadini, i quali seguono l’imprinting che verrà dato dai programmi che si decidono “qui e ora” plasmano la Società Italiana e le Generazioni future, mentre nel resto del Mondo puntano al Benessere Equo e Sostenibile. Nei programmi dei Partiti solo cenni sussurrati dei 20 principi e diritti del “European Pillar of Social Rights”, presentato lo scorso novembre dalla Commissione Europea.

Invece, vengono presentati programmi egoistici che offrono  pseudosoluzioni ai problemi attualità messi in vetrina per accaparrarsi il voto e vincere il “mongolino d’oro”, che non conviene nemmeno tentare di risolvere perché già vecchi e offrono il miraggio ingeneroso della Felicità ancora riparametrata alla visione dello scorso millennio, Fatica-Lavoro-Denaro.

Trascuriamo di guardare l’orologio, siamo nel 2018, per rendersi conto che le soluzioni proposte non tengono conto dei cambiamenti che si susseguono e influenzano il nostro modo di pensare, decidere e scommettere sul DOMANI, rendendoci fragili se isolati. Ci lasciamo convincere che il Benessere dipenda solo da noi e che dobbiamo ricercarlo a tutti i costi nella nostra posizione sociale, nel guadagno, nella soluzione  ai soli nostri problemi.

Ci vogliono illudere che è meglio vivere da Principi in un’isola deserta, quando in realtà il Genere Umano progredisce, sviluppa, migliora, solo innovandosi come Collettivo. Per essere indipendenti e efficaci, al giorno d’oggi, dovremmo possedere le capacità di calcolo di un computer e la velocità decisionale di un algoritmo, perché le aspettative di vita si sono notevolmente allungate e ci costringono ad effettuare un numero superiore di decisioni in tempi più rapidi. La soluzione è vecchia e si chiama “mutualità”, che da sempre ha risolto i problemi del Genere Umano portandolo verso evoluzione, futuro, progresso e innovazione.

Lo stesso principio che hanno realizzato i cittadini di De Witt, società rurale dell’Arkansas, che dopo la chiusura delle fabbriche hanno ritrovato il Benessere Equo e Sostenibile con il Business Alliance of Local Living Economies, uno specifico incubatore di resilienza sociale costituito allo scopo, riunendo nello stesso luogo agricoltori e imprenditori, istituzioni educative e finanziarie, ambientalisti e comunità religiose per creare soluzioni a sfide condivise, portandoli verso una catena del valore noto come Wealth-Works, che grazie allo sviluppo locale della cooperativa Delta Bioenergy che genera biocarburanti su una nuova coltura la “camelina”, conosciuta come oro di piacere o finto lino, integrata con la vocazione agricoltura dell’area trasforma i piccoli semi di camelina in biodiesel che alimenta le attrezzature cittadine di De Witt. Il raccolto sta creando più reddito per le famiglie contadine, diventando propulsore dell’economia della regione.

Il modello innovativo Wealth-Works, si raccogli i principi mutualistici, unendo conoscenza e strumenti della comunità alla domanda del mercato per costruire processi di sussistenza duraturi.

Chiave del modello: – Individuare la domanda e conferma dei clienti a stretto raggio.

Chiave operativa:

Lo sviluppo del capitale sociale e della fiducia che è necessari per soddisfare i bisogni di una comunità attraverso le imprese locali assicurandosi che il denaro e l’assistenza tecnica rimanga il loco.

I programmi politici che ascoltiamo devono tenere conto della visione del futuro sociale, cioè mutualistica che latita nei discorsi dei nostri candidati.

Il Popolo non conosce il suo Potere.

Video su Delta Bioenergy, De Witt  https://youtu.be/eq9A7PIbs7Y

 

TANTI SOLDI NEL FIUME BIANCO CHE PASSA PER IL BENESSERE SOCIALE.

Il futuro è già segnato, ma chi è accecato dal presentismo non lo riesce a vedere.

Per intuire il potenziale che ha il settore dell’economia sociale bisogna cambiare paradigma, abbassare lo sguardo e vedere cosa c’è sotto i nostri piedi, rivolgendosi verso la parte debole della società che rappresenta lo scarto, sfrido arido generato dal sistema produzione/consumo.

“Cooperative (e non solo cooperative sociali come nel caso di terzo settore e nonprofit), associazioni, fondazioni, imprese sociali (costituite anche utilizzando modelli di società di capitali che si sottopongono al vincolo – ora parziale – di non distribuzione degli utili). In totale oltre 350mila unità, con 1,8 milioni di addetti e 170 miliardi di giro d’affari, e una concentrazione significativa nel campo della white economy (sanità, servizi sociali, cultura, sport, ricreazione, ecc.), ma anche nella filiera agricola attraverso imprese cooperative che rappresentano il player più importante dei consumi alimentari, … (Cnel/Istat, 2008 e Borzaga, Carini, Zandonai, 2014).”

Un settore dell’industria, quello sociale, che molti difficilmente collegano con gli appetibili e classici distretti d’impresa, prevalentemente accomunato all’offerta caritatevole d’aiuto volontario, in passato richiesti da un numero limitato di popolazione sfortunata o svantaggiata e che oggi con l’aumentare della povertà (disuguaglianza economica) e dell’invecchiamento sociale (patologie di lunga degenza) produce nuove esigenze e richiede soluzioni efficaci e tecnologiche che si materializzano negli ampi e stabili mercati del “buono stile di vita” (benessere).

L’economia sociale in Europa comprende cooperative, mutue, associazioni senza scopo di lucro, fondazioni e imprese sociali, che forniscono una vasta gamma di prodotti e generano milioni di posti di lavoro (160 milioni) ma la loro vera virtù è nel forte valore d’impatto sociale, benessere diffuso e durevole, generando “innovazione sociale”, qui .

“Lo State of Social Enterprise Report 2015”, presentato da Santanderm, qui , è la ricerca mondiale più completa intrapresa nel settore dell’economia sociale, che rivela una leadership d’impresa inclusiva, il  40% delle imprese sociali è guidato da donne, Il 31% ha direttori etnici delle minoranze asiatiche nere, il 40% ha un direttore con disabilità; in un ambiente giovane e dinamico, quasi la metà (49%) di tutte le imprese sociali ha cinque anni o meno, il 35% ha tre anni o meno, più del triplo della proporzione di start-up PMI; la percentuale di imprese sociali che hanno incrementato il proprio fatturato negli ultimi 12 mesi è del 52%, una percentuale maggiore di imprese sociali è in crescita rispetto alle PMI tradizionali (40%).

Per gli business-scout amanti delle trendline, grafici di tendenza, l’economia del “benessere sociale” dovrebbe essere come il miele per le api, invece, specialmente in Italia la “white economy” è snobbata e sottovalutata, messa in un angolo forse perché richiede una virtù che è stata dimenticata dai mercati degli affari, “l’Etica” necessaria per il benessere comune. Eppure, in futuro, nemmeno molto lontano, dovremo sbatterci il muso, l’European Pillar of Social Rights traccia le linee guida che gli Stati Membri saranno obbligati a seguire e che entro il 2030 verranno adottati da vari Stati nel Mondo.

Il futuro è già segnato, ma chi è accecato dal presentismo non lo riesce a vedere.

GB

LA NOSTRA RESPONSABILITÀ È NEL NUOVO FUTURO.

Non più rimandabile l’impegno della Politica nel pianificare strategie del Paese volte ad agevolare il cambiamento innovativo Sociale, Industriale, Ambientale. I Cittadini e il prossimo Governo avranno la responsabilità d’avviare la sostenibilità futura del Sistema Italia.

CHE PIACCIA O NON PIACCIA, BISOGNA CAMBIARE MARCIA.

Lasciando da parte le possibili antipatie/simpatie che si nutrono nei confronti dell’uomo Mattarella, il Presidente della Repubblica Italiana nel discorso di fine anno ha lanciato la  sfida improrogabile per l’Italia  ufficializzando l’importanza dell’Innovazione come elemento centrale delle Politiche di Governo per il 2018 .

Non più rimandabile per la Politica l’impegno di pianificare strategie strutturali volte ad agevolare il cambiamento innovativo, Sociale, Industriale, Ambientale. I Cittadini e il prossimo Governo, avranno la responsabilità d’avviare la sostenibilità futura del Sistema Italia . La nostra responsabilità è alle prossime elezioni, dobbiamo scegliere Progetti Politici Innovativi, Etici e di Sostenibilità sociale e ambientale. Niente più scuse il Futuro dell’Italia è nelle Nostre Mani.

Vi ripropongo qui, la mia interpretazione della parte centrale del discorso Presidenziale:

(Presentismo)
“Non possiamo vivere nella trappola di un eterno presente, quasi in una sospensione del tempo, che ignora il passato e oscura l’avvenire, così deformando il rapporto con la realtà. La democrazia vive di impegno nel presente, ma si alimenta di memoria e di visione del futuro.”

(Futuro)
“Occorre preparare il domani. Interpretare, e comprendere, le cose nuove. La velocità delle innovazioni è incalzante; e ci conduce in una nuova era, che già cominciamo a vivere.”

(Sviluppo Sostenibilità Etica)
“Un’era che pone anche interrogativi sul rapporto tra l’uomo, lo sviluppo e la natura. Basti pensare alle conseguenze dei mutamenti climatici, come la siccità, la limitata disponibilità di acqua, gli incendi devastanti. Si manifesta, a questo riguardo, una sensibilità crescente, che ha ricevuto impulso anche dal magistero di Papa Francesco, al quale rivolgo gli auguri più fervidi.”

(Innovazione Sociale)
“Cambiano gli stili di vita, i consumi, i linguaggi. Mutano i mestieri, e la organizzazione della produzione. Scompaiono alcune professioni; altre ne appaiono.”

(Innovazione e Impatto Sociale)
“In questo tempo, la parola “futuro” può anche evocare incertezza e preoccupazione. Non è stato sempre così. Le scoperte scientifiche, la evoluzione della tecnica, nella storia, hanno accompagnato un’idea positiva di progresso. I cambiamenti, tuttavia, vanno governati per evitare che possano produrre ingiustizie e creare nuove marginalità.

(Responsabilità Etica di Governo)
L’autentica missione della politica consiste, proprio, nella capacità di misurarsi con queste novità, guidando i processi di mutamento. Per rendere più giusta e sostenibile la nuova stagione che si apre. La cassetta degli attrezzi, per riuscire in questo lavoro, è la nostra Costituzione: ci indica la responsabilità nei confronti della Repubblica e ci sollecita a riconoscerci comunità di vita.”

(Responsabilità Politica)
“L’orizzonte del futuro costituisce, quindi, il vero oggetto dell’imminente confronto elettorale. Il dovere di proposte adeguate – proposte realistiche e concrete – è fortemente richiesto dalla dimensione dei    problemi del nostro Paese.”

(Lavoro e Dignità Sociale)
“Non è mio compito formulare indicazioni. Mi limito a sottolineare, ancora una volta, che il lavoro resta la prima, e la più grave, questione sociale. Anzitutto per i giovani, ma non soltanto per loro. È necessario che ve ne sia in ogni famiglia. Al tempo stesso va garantita la tutela dei diritti e la sicurezza, per tutti coloro che lavorano.”

GB

BUROCRATICA-MENTE INDUSTRIA 4.0

La 4° Rivoluzione Industriale Italiana. Abbiamo installato un motore jet sulla struttura di un aereo della prima guerra mondiale, dando al pilota un libretto d’istruzione scritto in cirillico. Se parte, dopo quanto si schianta al suolo?

I mutamenti che assisteremo nel prossimo futuro saranno netti e evidenti, cambierà il modo in cui vendere e acquistare i prodotti, dall’automazione alla mancanza di un vero e proprio “possesso” delle cose, saranno eliminate le barriere linguistiche, sperimenteremo nuove dimensioni virtuali che trasformano il marketing e le esigenze dei consumatori, la mobilità e la logistica innovativa moltiplicherà moderni modelli di business trasformando il concetto di “competere” nei mercati che scopriranno la loro efficienza in processi industriali circolari.

In questa visione di Futuro, creare regole burocratiche minuziose e complicate, genera asimmetrie informative che modificano i mercati, trasformano i modelli di business e di produzione, condizionando gli Investitori nel percepire i settori d’investimento rischiosi. La programmazione dei Governi attuali, deve evitare di favorire gli squilibri degenerativi, ispirandosi alla sola pianificazione etica, democratica e sociale dei mercati. Nel ranking europeo e internazionale, l’Italia è il paese dove l’Amministrazione frena la competitività e complica la vita ai cittadini e alle imprese, non è arduo pensare che questo meccanismo caotico possa servire a preservare o favorire i “gangli” di potere.

Per l’avvio del piano Industria/Impresa 4.0, la Manovra fiscale 2018 prevede tra finanziamenti diretti e incentivi fiscali poco meno di 10 miliardi entro il 2028, la metà entro il 2020, nella manovra vengono definite le linee guida per la certificazione dei centri di trasferimento tecnologico, Competence Center, i laboratori per le nuove applicazioni digitali.

Prima di affermare che sembra una commedia all’italiana, è giusto ripercorrere cronologicamente i passaggi del Piano Nazionale. Un primo approccio al piano nazionale è stato tentato alla C.D, in X Commissione gli esperti incaricati dal Governo hanno condotto tre missioni conoscitive, una delle quali a Stoccarda, il documento presentato nel giugno 2016 è il risultato di studi sulle principali tecnologie abilitanti (internet of things, cloud e cloud computing, additive manufacturing, cyber-security, big data, robotica avanzata, realtà aumentata, wearable technologies, sistemi cognitivi) e presenta cinque pilastri sui quali costruire una strategia nazionale innovativa. Il primo pilastro riguarda la creazione di una governance per il sistema Paese, individua gli obiettivi da raggiungere e propone la costituzione di una Cabina di regia governativa. Il secondo pilastro prevede la realizzazione delle infrastrutture abilitanti attraverso la realizzazione del piano banda ultra-larga, lo sviluppo e la diffusione delle reti di connessione wireless di quinta generazione, delle reti elettriche intelligenti, dei DIH (Digital Innovation Hubs) e di una pubblica amministrazione digitale. Il terzo pilastro prevede la progettazione di una formazione mirata alle competenze digitali. Sulla base delle indicazioni fornite nelle diverse audizioni, nel documento, si distingue tra una formazione professionale di breve periodo, rivolta prioritariamente a soggetti che non studiano e non lavorano, i cosiddetti NEET, o a personale impiegato in lavori in via di obsolescenza; una formazione che, nel medio periodo, potrà invece essere rivolta alle imprese con il coinvolgimento del middle management con possibile ed auspicate positive conseguenze sulla crescita dimensionale delle aziende. Infine nel lungo periodo sarà indispensabile una formazione scolastica e post scolastica che punti alle competenze digitali diffuse anche in tutti gli ambiti, compresi quelli delle scienze umane. Il quarto pilastro è rappresentato dal rafforzamento della ricerca sia nell’ambito dell’autonomia universitaria sia in quello dei centri di ricerca internazionali. L’open innovation è il quinto pilastro individuato nel documento conclusivo, sul quale fondare una via italiana all’industria 4.0 basata su standard aperti e interoperabilità e su un sistema che favorisca il Made in Italy, sfruttando tutte le opportunità fornite dall’IoT.

Nel settembre 2016 il Governo con il Ministro per lo Sviluppo Calenda, vara il “Piano Industria 4.0” che si propone d’essere un vero “patto di fiducia” con il mondo delle imprese che vogliono crescere e innovare. Cambiando paradigma, il Governo ha voluto “disegnare” delle misure che ogni azienda può attivare in modo automatico senza ricorrere a bandi o sportelli e, soprattutto, senza vincoli dimensionali, settoriali o territoriali (teniamo bene a mente questo passaggio). Come ho scritto nel “Il Treno che stiamo perdendo, mette a rischio il futuro dell’Italia”, il Piano Impresa 4.0 ha tre linee guida, la prima operare in una logica di neutralità tecnologica, la seconda intervenire con azioni orizzontali e non verticali o settoriali, la terza agire su fattori abilitanti. Un impianto “circolare” tra Investimenti innovativi e Competenze, Infrastrutture abilitanti e Strumenti pubblici di supporto. Grande progetto, con i piedi ben saldi nello sviluppo digitale competitivo, una struttura open-drive priva di grossi vincoli burocratici, così sembra all’apparenza. Infatti l’innovativa visione industriale digitale mette al centro il Capitale Umano e le sue Competenze, unisce Scuola, Ricerca, Impresa e Finanza, strutturando sul territorio cluster (centri) per fondere in un’unica piattaforma il sapere dei Competence Center, le reti di supporto speciali Digital Innovation Hub per aiutare le PMI italiane del territorio nella trasformazione verso l’Industria 4.0 e lo skill digitale.

Già da subito gli esperti dell’I.T. hanno rilevano un impianto operativo discrasico. Nel nostro Paese la struttura tecnico-formativa è carente nello skill-digitale richiesto dai nuovi processi di produzione, le Università, indicate come possibili Competence Center, se finanziate con fondi Governativi risultano ingabbiate dalle leggi restrittive sugli appalti e non permettono ampio margine operativo nella R&S, le reti di categoria, sede dei D.I.H., sono refrattarie alla condivisione collaborativa e rappresentano spesso delle vere e proprie caste. In questo quadro “clinico generale” di per se complicato, l’attuazione di un Piano di Sviluppo digitale vincolato burocraticamente, renderebbe accora più complicata la sua attuazione. La tradizionale farraginosa burocrazia tricolore, trova sfogo nella Manovra fiscale 2018, con Iper e Super ammortamento, nuova Legge Sabatini e credito d’imposta per la formazione, che smentisce le promesse del Piano Industria 4.0 e del patto tra Governo e Imprese, cito “senza ricorrere a bandi o sportelli e, soprattutto, senza vincoli dimensionali, settoriali o territoriali”. La stessa Manovra Fiscale individua con l’aumento fino al 20% delle iscrizioni Camerali l’avvio dei Competence Center che hanno bisogno di un algoritmo computazionale per districarsi tra i vincoli, poco chiari, presenti negli allegati A e B dei requisiti richiesti per la certificazione.

Come dire IL PASTICCIO ALL’ITALIANA È SEMPRE BEN FATTO, abbiamo installato un motore jet sulla struttura di un aereo della prima guerra mondiale, dando al pilota un libretto d’istruzione scritto in cirillico.
Se parte, dopo quanto si schianta al suolo?

CYBORG-PARTITO PER UN FUTURO TECNOLOGICO.

Un movimento politico apartitico creato in laboratorio, che risponde in maniera androgena ai desideri popolari e sintetizza nel proprio Manifesto le aspirazioni sociali high del momento.

Un movimento politico apartitico creato in laboratorio, che risponde in maniera androgena ai desideri popolari e sintetizza nel proprio Manifesto le aspirazioni sociali high del momento.
Il target è cambiare il Paese, first-step raccogliere le firme necessarie per presentarsi alle politiche Nazionali e Europee. Il Presidente è Andrea Dusi, classe 1975, imprenditore Veronese che promette di rendere l’Italia “10 Volte Meglio”, obiettivo che coincide con il nome del suo partito, polarizzando attorno al progetto politico una squadra di giovani Bocconiani con esperienze di startuppers di successo. La “rete” mette a disposizione i nodi d’amicizia con manager, imprenditori e docenti universitari emergenti, necessari a far puntare verso l’alto la treandline delle loro proiezioni statistiche. Un partito 4.0 che vuole preparare il Paese alle nuove applicazioni tecnologiche raggiungendo l’efficienza istituzionale e sociale, una struttura che ha i numeri virtuali per tentarci se contestualizzati al passatismo della politica nazionale produttrice d’astensioni.

Il programma di “10 Volte Meglio” mette al centro le Persone e si completa con un elenco di 10 punti tra i quali alcuni nuovi nel parterre della politica italiana: ricerca della Felicità, Merito, Economia Verde, Tecnologia Emergente; le altre sono logorate dal tempo come Occupazione, Sviluppo per il Sud, Digitalizzazione, Turismo, Educazione e Cultura ma che il Presidente Dusi, nel suo “storytelling” autoreferenziale di comunicazione persuasiva stile retro, promette di esporle minuziosamente con l’aiuto di “100 cervelli” patavini.

“10 Volte Meglio” rappresenta la sfida della politica del futuro che non arriva dall’alto, tanto meno dal basso, forse dalla provetta di un algoritmo computazionale?

Certo è,
nell’attuale contesto politico il partito di Dusi rievoca le competizioni dei gran premi di formula uno, tra la fredda teutonica Mercedes e il Cuore Rosso Ferrari. I Bocconiani dovranno mettere in conto, competizioni politiche “su pista” dove il caloroso consenso del pubblico è alla base di tutto e senza “casca il palco”. Sfide tra squadre avversarie di team politici scafati, che seminano nelle gincane dell’economia chiodi per costringere il concorrente ad entrare ai box negli ultimi giri prima dell’arrivo.

La politica è anche statistiche, strategia e fiuto imprenditoriale, ma è specialmente capacità empatica per comprendere le necessità plurali del territorio, offrire soluzioni parlando la lingua della Gente per invogliarli a lasciare la loro zona di confort, condividere sogni e desideri comuni, oggi notevolmente ridotti.
Dopo il metodo Casaleggio perché non tentare il decamoltiplicatore di Dusi, girando il foglio della politica italiana gli altri storyteller li abbiamo già ascoltati.

GB

VI SPIEGO COME RIDURRE IL RISCHIO DISOCCUPAZIONE.

Mi fu detto: “Poiché tutto si può tradurre sotto forma di potenziale perdita economica e di probabilità (rischio), tutto è potenzialmente assicurabile”

Per chi non opera nel mondo della gestione del rischio (risk management) e in particolare, come me, nel modello che ha molto a che fare con la solidarietà cioè quello della mutualità (mutuality), può trovare qualche difficoltà ad intravedere la soluzione che è già nel titolo dell’articolo. Quindi, cercherò di condividere con voi i concetti di base, assicurativi e riassicurativi, portando esempi concreti di come è possibile ridurre il rischio economico della disoccupazione.

Quando iniziai a fare il mio attuale lavoro oltre 20 anni fa, non ricordo con precisione ma poco importa, mi fu detto: “Poiché tutto si può tradurre sotto forma di potenziale perdita economica e di probabilità (rischio), tutto è potenzialmente assicurabile”.

Nel nostro caso, la Forza Lavoro ha due capitoli principali, il Costo e il Valore di Produzione, in entrambi i casi questi si possono esprimere sotto forma di valori numerici finanziari e nel caso della disoccupazione assumono valori negativi (perdite economiche). Il mercato del lavoro è storicamente instabile, ciclico, andamenti che vengono dettati da diversi fattori (PIL, sistemi produttivi e di trasporto, regolamentazione dei mercati, valute…) questo dimostra che è connaturata la presenza dell’incertezza. Gli elementi anzidetti, perdite finanziarie e incertezza, sono i requisiti dei “rischi puri”, quindi possono essere calmierati in maniera centralizzata (assicurativa), come è stato fatto nel settore finanziario con le Banche in UE.

In effetti, il concetto precedentemente esposto è già attuato con sistemi simili ma iniqui, basati su nozioni solidali, sociali, (ammortizzatori sociali) che generalizzano e livellano il rischio tra il datore di lavoro, lavoratore e collettività (cassa integrazione, mobilità, disoccupazione), diversamente il sistema assicurativo restituisce la possibilità di tarare i singoli settori o addirittura le singole attività, esprimendo la nozione di giustizia e equità che manca oggi al sistema assistenziale pubblico. Il concetto assicurativo amplifica i suoi effetti grazie a quello mutualistico (il costo degli eventi dannosi è ripartito su un gruppo di soggetti esposti al medesimo rischio), che può essere applicato ampliando la platea a tutti gli stati membri della UE.

Ma chi conosce bene il mio “Mondo” lavorativo (uberrima fides), sa che non si può fare ameno di sistemi di “prevenzione” che nel nostro caso vanno identificati nelle politiche d’efficienza della forza lavoro, formazione, aggiornamento, riqualificazione e politiche generative d’assistenza (attivazione dei disoccupati), processi applicabili solo con un cambio di paradigma delle nostre politiche nazionali e europee (European Pillar and Social Rights).

Tale mio pensiero va sviluppato, efficentato, sperimentato e speriamo applicato, poiché credo nello sviluppo e nella condivisione della Comunità Virtuale, della quale mi sento appartenere perché vivo il presente, ora e qui, metto a vostra disposizione questo mio umile elaborato per svilupparlo, contestarlo ma comunque migliorarlo. Appropriarvene?
Potete farlo, purché riuscite a metterlo in pratica e a generare Valore Comune in maniera che anche io ne possa beneficiare (pagando meno tasse), ricordate comunque che uniti, noi, saremo sempre oltre la vostra immaginazione.

GB